Simone Bragantini ha quasi completato la prima stagione alla Fortitudo Mozzecane. Le gialloblù, sotto la sua guida, stanno lottando per continuare a restare nelle posizioni d’alta classifica. Perché il sogno continui bisogna procedere su questa strada.

Siamo quasi alla fine della sua prima stagione con la Fortitudo Mozzecane: tirando le somme, come descriverebbe fin qui l’esperienza vissuta con la società?
«Come primo anno sono contento, mi sto trovando bene. La Fortitudo è una famiglia. Mi sto trovando bene con lo staff e con gli allenatori del settore giovanile, perché si è creata unione e si riesce a parlare. Spero di aver dato qualcosa di buono alla società. All’inizio ho notato, da parte di qualche dirigente, la presunzione di voler parlare di questioni tecniche, che secondo me devono essere trattate solamente da persone qualificate per farlo. Magari c’era un po’ di diffidenza, perché non si conosceva il mio metodo, però poi si è creata una bella alchimia tra me e tutto lo staff tecnico: Deila, Anna, Alessandro e Claudio sono persone con cui ho instaurato un bel rapporto. Io e Boni ci siamo capiti e ora ci troviamo bene; lui è il padre della Fortitudo, quindi si interessa sempre e mi fa molte domande».

Le prime parole pronunciate da lei, prima dell’inizio della stagione, sono state: “dobbiamo abituarci a vincere, a voler vincere”. Finora sembra che lei e le ragazze stiate mantenendo la parola.
«Sì, ma dobbiamo essere bravi a farlo fino in fondo. Mi piace la filosofia di Alex Zanardi, che dice di non fermarsi; quando si arriva alla meta bisogna andare avanti di altri cinque metri, e poi di altri cinque ancora. Io continuo a chiedere questo alle ragazze e a me stesso. Se possiamo fare meglio, perché non farlo? Certo, fin qui siamo stati bravi, ma se si vogliono realizzare i propri sogni bisogna dare sempre di più».

Vi è stato un momento particolare, durante la stagione, in cui è stato colpito dalla squadra e ha avuto la sensazione di poter competere per l’alta classifica?
«I momenti chiave sono molti: ogni volta che si fanno punti, ogni volta che ci si rialza e si lotta insieme per uscire da situazioni difficili. La vittoria contro San Marino (1-6) ci ha dato coscienza delle nostre capacità; era una partita che io aspettavo fin dall’inizio, perché ero consapevole della forza delle ragazze. Un allenatore deve sapere cosa ha in mano, e io sapevo che ragazze avevo. Un altro episodio fondamentale è stato il successo con il Vittorio Veneto (1-2), perché abbiamo battuto una squadra forte, che era davanti a noi in classifica e abbiamo vinto a casa loro. Quella vittoria mi ha fatto capire lo spessore morale di queste ragazze. Significativa è stata anche la partita contro la Jesina (1-0) in casa nostra; il campo era impraticabile, ma le mie giocatrici volevano assolutamente giocare la partita e questo dimostra la voglia di arrivare all’obbiettivo. Ero preoccupato perché un campo in cattive condizioni può rovinare il nostro tasso tecnico, ma loro hanno dimostrato grinta e voglia di vincere. Sono consapevole che non abbiamo fatto ancora nulla; se le prossime partite di campionato andranno bene allora potremo dire di aver fatto qualcosa di davvero importante».

Per creare una squadra vincente bisogna portare unione all’interno del gruppo. Quanto conta il lavoro psicologico all’interno di una squadra formata da elementi diversi gli uni dagli altri?
«Entrando in gruppo nuovo ho subito proposto esercizi volti a incidere sul piano motivazionale, volti a portare unione nel team. Un mister deve saper osservare certi dettagli e deve saper parlare con i suoi atleti. È necessario creare coesione e alchimia. Ci sono allenatori che hanno questa capacità innata, altri che devono studiare per poterlo fare al meglio. Prima bisogna creare coesione e poi si deve continuare a lavorare, andando avanti tutti insieme sullo stesso binario. Una delle cose fondamentali è la sincerità: l’allenatore deve parlare chiaro con il suo staff e con le sua atlete».

Parlando di futuro, le piacerebbe continuare nel campo femminile o vorrebbe, un giorno, tornare al maschile?
«Mi piacerebbe continuare nel panorama calcistico femminile, spero di averne l’opportunità. Ovviamente ci devono essere diversi presupposti perché questo avvenga. Se arriveranno offerte importanti per la mia carriera dal calcio maschile allora ci penserò, ma per ora sono nel calcio femminile e ci voglio restare».

Il corso UEFA A a Coverciano come sta procedendo?
«Studiare il calcio è stupendo, è la mia passione. Confrontarsi con professionisti è bellissimo. Non solo questa esperienza contribuisce ad approfondire le mie conoscenze calcistiche, ma mi permette di instaurare rapporti e amicizie con altri allenatori e, in generale, con gente nuova. Oltre che studiare il calcio ho la possibilità di arricchire il mio bagaglio culturale studiando anche medicina e psicologia. Vivere a Coverciano è infine emozionante perché lì c’è la storia del nostro calcio; vedere le foto di coloro che hanno fatto la storia nazionale e internazionale del calcio ti dà tanto».

Credit Photo: Graziano Zanetti Photographer