Seguendo la stagione del Genoa Women in Serie C, abbiamo già avuto modo di vedere in azione e raccontare uno degli elementi simbolo di questa squadra: Giulia Tortarolo. Giocatrice dalle spiccate capacità offensive, si è ampiamente dimostrata una vera e propria spina nel fianco per gli avversari affrontati finora in campionato. I risultati raggiunti in carriera, individuali e non, sono stati frutto di tanti sacrifici, di una passione smisurata per il calcio e, soprattutto, di una buona dose di caparbietà.

La nostra redazione ha avuto l’onore di intervistare quest’atleta ripercorrendone brevemente la storia, dalle lotte per iniziare a giocare fino alla realizzazione del suo sogno: vestire la maglia del Grifone.

È una stagione importante per il Genoa che, nonostante qualche passo falso, sta lottando per i primi posti in classifica. Come giudichi, ad oggi, l’andamento in campionato della tua squadra?
Decisamente positivo. Innanzitutto, penso sia importante sottolineare quanto giovane sia questa squadra e, allo stesso tempo, l’eterogeneità del gruppo. Per rinforzare e sostenere la linea verde, infatti, la società ha deciso di aggregare alla rosa cinque o sei giocatrici più grandi, tra cui la sottoscritta, provenienti da altri club. In questo modo, grazie all’esperienza accumulata durante le nostre precedenti avventure calcistiche, abbiamo contribuito alla crescita, mentale e non solo, della squadra di partita in partita. Ogni settimana riusciamo infatti a costruire qualcosa di nuovo, migliorando sempre di più. Per questo, prevedo un girone di ritorno davvero molto interessante ed avvincente.

Sei dotata di una notevole capacità realizzativa, capacità che ti rende uno degli elementi cruciali di questo Genoa. Qual è il tuo segreto in campo e quali aspetti individuali curi di più in allenamento?
Inizio dicendo che quest’anno ho notato un mio maggiore sforzo fisico rispetto alle scorse stagioni. Giocando generalmente in una posizione più avanzata, infatti, tendevo a correre molto di meno rispetto a quanto faccio adesso al Genoa. Avendo invece la possibilità di agire alle spalle delle punte, ho dunque una maggiore propensione alla corsa e agli inserimenti negli spazi. Naturalmente, da me è richiesto un grande sforzo che, però, sta dando i suoi frutti. Ho grande fiducia nel mister e in ciò che mi dice e, prima, durante e al termine di ogni allenamento, mi soffermo particolarmente su tutte le tipologie di tiro. Ho quasi 27 anni ma non smetto mai di imparare qualcosa di nuovo in ciascuna delle 4 sedute di training settimanale. Potermi confrontare con ragazze molto giovani e con tanto entusiasmo ed energia, inoltre, mi da costantemente nuovi stimoli per alzare l’asticella e tener testa a tutte.

Quali sono, per te, le caratteristiche di cui non potresti fare mai a meno per ricoprire il tuo ruolo in campo?
Senza ombra di dubbio, la fantasia. Mi ritengo una ragazza molto umile e, con tutta la modestia del mondo, penso di essere brava nel servire le mie compagne e nel trovare spazi che spesso il regista o i difensori avversari non riescono a vedere. Naturalmente, la fantasia dev’essere supportata da una buona dose di tecnica che permette ad un trequartista, o comunque ad un attaccante come me che agisce alle spalle delle punte, di tentare la giocata nello stretto. Di contro, non penso conti troppo il fisico. Io, ad esempio, non ho una struttura imponente ma questo non è mai stato un problema.

Secondo te, qual è la squadra più ostica che avete affrontato quest’anno?
Direi il Pavia Academy. In quell’occasione abbiamo sofferto tantissimo. Forse anche aver giocato su un campo in erba, essendo abituate al sintetico, ci ha rallentato nelle giocate con palla a terra. Con l’Arezzo in casa, invece, pur avendo subito quattro goal non abbiamo subito il gioco avversario come contro le lombarde. Detto ciò, non vedo l’ora di riaffrontare entrambe le squadre per poter dimostrare loro il nostro miglioramento. Comunque sia, possiamo dire di essercela giocata apertamente con tutte le avversarie, con difficoltà più o meno elevate a seconda delle situazioni.

Cos’è cambiato, dal punto di vista dell’atteggiamento in campo, dalla partita contro il Pavia Academy a quella con l’Arezzo?
Ricordo che al termine della sfida con il Pavia Academy uscimmo stremate dal campo dopo aver dato tutte noi stesse per la squadra. Nonostante il pareggio strappato alle avversarie, l’intensità del match ed il fatto di aver subito il loro gioco fece sembrare l’1-1 quasi una vittoria. Contro l’Arezzo, invece, l’atteggiamento è stato lo stesso ma è mancata la qualità e la lucidità in alcune occasioni che avremmo dovuto sfruttare meglio.

A che livello è l’attuale Serie C femminile?
Giocandoci da 6/7 anni, al termine di ogni stagione noto un sostanziale miglioramento rispetto a quella precedente. La crescita esponenziale del calcio femminile nel paese e il tanto atteso aumento di investimenti e sostegni economici hanno sicuramente alzato il livello del movimento a livello nazionale e delle singole società. Considera che una squadra come la nostra, impegnata in quattro allenamenti settimanali, ha ormai raggiunto un livello di impegno simile a quello di un club professionistico.

Cosa significa per te essere una giocatrice del Genoa?
Appartengo ad una famiglia genoana e tifo Genoa sin da piccola, motivo per cui ho i brividi ogni volta che indosso questa maglia. Giocare qui è vita per me e non nascondo l’invidia che provavo verso le calciatrici rossoblù quando le affrontavo negli scorsi anni. Ad agosto, appena la società mi ha ingaggiato ed inviato il kit, è stato come sognare ad occhi aperti. Già quando venne formata la squadra, a suo tempo, fu per me una gioia immensa. Nonostante non ci fosse spazio per noi all’epoca, speravo con tutta me stessa che, prima o poi, arrivasse il mio momento. Non ti nascondo che ogni domenica, vestendo questi colori e percorrendo i corridoi che portano al campo, provo delle emozioni uniche al mondo.

Com’è avvenuto il passaggio al Genoa?
L’anno scorso giocavo al Campomorone, una vera e propria famiglia con cui ho condiviso momenti unici e meravigliosi. Al termine della stagione, la maggior parte delle mie compagne più giovani avevano firmato con la Samp ma alla fine saltò tutto. A quel punto, la società, già orfana di tante calciatrici che stavano per andare a studiare o a giocare lontano da Genova, ci chiese cosa volessimo fare. Non appena il Genoa si fece avanti per me e per altre mie compagne di squadra, accettai senza esitazione. Quella di quest’anno, però, non è stata la prima volta in cui sono stata contattata dal Grifone. Due estati fa, infatti, la dirigenza rossoblù mi avvicinò mentre ero al mare (devi infatti sapere che condividiamo la stessa spiaggia) ma declinai l’offerta per non abbandonare la mia squadra. Alla fine, l’occasione è fortunatamente arrivata e non potrei essere più felice! Al Genoa ho trovato un ambiente totalmente diverso in cui non mi manca mai nulla. Ricordo ancora la mia agitazione al primo allenamento: ero emozionata come una bambina al primo giorno di scuola e, non appena trovai la mia divisa con il numero negli spogliatoi mi resi finalmente conto di cosa volesse dire “professionismo”.

Oggettivamente parlando, a cosa può puntare questa squadra quest’anno? E la prossima stagione, invece?
Quest’anno possiamo tranquillamente puntare alle prime quattro posizioni in classifica. È questo il nostro obbiettivo e, per quanto sia complicato e per nulla scontato, daremo il massimo per riuscire a conquistare quanti più punti possibili. Abbiamo affrontato un girone d’andata che si è dimostrato imprevedibile, quindi non mi sento di escludere nulla per quello di ritorno. Potrà succedere qualsiasi cosa e, di certo, noi ci faremo trovare pronte! Per quanto riguarda la prossima stagione, penso che la società effettuerà qualche acquisto mirato per migliorare ancor di più il nostro reparto offensivo. L’obbiettivo principale sarà sicuramente vincere il campionato per raggiungere una storica promozione!

Come si svolge la tua routine settimanale di allenamento? Come riesci a far coesistere sport, lavoro e vita privata?
Sono una ragazza che lavora e trovo che sostenere quattro sedute settimanali, oltre ad una trasferta ogni due settimane per cui devi svegliarti presto al mattino, è un impegno notevole. Per venirci incontro, dandoci la possibilità di far coesistere lavoro e sport, la società si è sin da subito attivata spostando gli allenamenti dal primo pomeriggio alle 18:00/18:30. Fortunatamente, inoltre, mi ritengo abbastanza flessibile, da un punto di vista orario, sul lavoro e questo mi permette di star tranquilla. Ogni giorno, infatti, stacco alle 16:30 e, nei giorni di allenamento, torno a casa, preparo il borsone e vado al campo. Al termine della sessione, indicativamente alle 20:00, rientro e, se c’è tempo, guardo qualche partita in tv altrimenti mi metto subito a letto. Il mio grande segreto per seguire questa routine è, senza dubbio, la passione. Giocherò a calcio finché le mie ginocchia reggeranno e fino a quando il lavoro me lo permetterà.

Ad una ragazza che vorrebbe giocare a calcio o che ha iniziato da poco a farlo, anche nella prospettiva del professionismo, che consiglio daresti?
Il calcio femminile è, ora più che mai, una strada che farei tranquillamente intraprendere ad una bambina. Purtroppo io non ho avuto, ai tempi, una simile possibilità ma se avessi una figlia la farei giocare a calcio! Non c’è cosa più bella di condividere uno spogliatoio con le compagne di squadra e di vivere in questo mondo respirando e difendendo la storia del proprio club. Specialmente nell’ottica delle opportunità che offrirà il professionismo, non ci sarebbe dunque cosa più bella di appoggiare mia figlia o una qualsiasi ragazzina in questa scelta. Anche perché, diciamoci la verità, il calcio femminile non è come il maschile, sia nella sua genuinità sia nel cuore che ogni calciatrice mette in campo, e ci si appassiona ad esso in maniera totalmente differente.

Com’è nato il tuo amore per il calcio e come hai iniziato?
Ho foto da neonata in cui avevo già il pallone vicino. Purtroppo, però, come capitato a tante altre calciatrici, ho iniziato tanto a causa dei troppi pregiudizi che gravavano su una ragazza che voleva giocare a calcio. Mio papà era addirittura un allenatore che, pur riconoscendo qualcosa in me, non appoggiava questa mia passione. Prima di iniziare ho praticato altri sport quali il tennis, il judo e, obbligata e tra mille lacrime, perfino ginnastica artistica e danza, ma in ogni occasione palleggiavo con qualsiasi oggetto e tiravo in casa il pallone in segno di protesta. Dunque, posso tranquillamente dire che sin da piccolissima la mia predilezione per questo sport era più che evidente! Nel Natale del 2006 venne a mancare mio padre e, pochi mesi più tardi, mia madre mi fece la sorpresa più grande. Era una domenica di marzo e, come regalo di compleanno, mi fece firmare un cartellino e giocare la mia prima partita di calcio. Iniziai naturalmente con la scuola verso i 12/13 anni, quando già esisteva il prestigioso torneo scolastico genovese “Ravano”. Nonostante ciò, cominciai tardi rispetto a molte delle mie attuali compagne di squadra che, ad esempio, giocano addirittura dai 6 anni.

Alessandro Gargiulo
Anacaprese atipico, ho lasciato l’isola alla volta di Udine per seguire il corso di laurea triennale in Mediazione Culturale. Durante gli anni in Friuli ho avuto modo di conoscere ed amare la cultura slovena inizando a seguire la Slovenska Ženska Nogometna Liga. Laureato in Informazione ed Editoria presso l'Università di Genova, coltivo la passione per il giornalismo sportivo ed il calcio femminile. Essendo stato, in passato, responsabile della rubrica sportiva presso LiguriaToday, ho avuto inoltre la fortuna di assistere dal vivo e raccontare gli incontri di alcune squadre della provincia di Genova. Nutro infine un forte interesse anche per gli eSports ed ho avuto modo di seguirne i match più importanti, intervistando alcuni dei suoi principali protagonisti.