“Non posso confermare se siamo l’epicentro della seconda ondata ma stavolta c’è una diffusione capillare”. Parla così Paolo Tosetto, responsabile del settore calcistico femminile della regione Veneto nonché membro del consiglio federale. “Abbiamo avuto alcuni casi, fortunatamente quasi tutti asintomatici o con lievi disturbi sintomatici, ma quasi tutti i contagi provengono da attività extra calcistiche”. L’Italia si trova a far fronte ad una nuova ondata di Covid. Il dirigente veneto, interpellato da noi sulla questione, ci ha aiutati a comprendere come far fronte a questo periodo difficile, relazionandoci poi sul futuro del movimento in rosa.

Un nuovo lockdown sembra essere alle porte. Lei ritiene sia una decisione giusta?E’ una domanda difficile a cui rispondere. Personalmente mi allineo a quanto espresso dai vertici federali e dai comitati regionali. Siamo rammaricati del fatto che le nostre predisposizioni a livello di sicurezza per poter andare avanti nell’attività siano insufficienti. Dalle nostre società c’era stato un rispetto totale con tanto di investimenti per farne fronte. Siamo colpiti da questo scenario. Forse siamo stati troppo ottimisti. Vediamo cosa succede. Sono preoccupato. Non è facile giustificare quanto è stato fatto fino ad ora.

Il Veneto è al centro della seconda ondata, quanti casi di Covid sono stati comunicati nel vostro territorio?
A marzo ci siamo ritrovati fermi in tutte le regioni con il virus che colpiva a macchia di leopardo. Se volessimo parlare di focolai, qui in Veneto non ce ne sono stati. Solo casi singoli.

Lei teme una nuova sospensione definitiva delle attività?
Non essere preoccupato significherebbe esser fuori dal mondo. Il timore c’è, tanto che a livello organizzativo abbiamo predisposto il calendario con delle finestre importanti che ci consentirebbero di concludere in maniera accettabile l’attività entro fine giugno. Abbiamo fatto una conferenza di presentazione alcuni giorni fa su quelle che sono le attività in Veneto a livello di campionato, spiegando alle società, visti i primi casi, che consideriamo questa stagione sportiva come un campionato nel campionato. Ci siamo noi e c’è il virus. E’ una partita contro il Covid e sono piuttosto sicuro che riusciremo a concludere la stagione in un modo o nell’altro.

Il Veneto è una regione ricca in termini di calcio femminile. Quanta importanza avete dato allo sviluppo di questo sport?
Visti i miei trascorsi i consigliere federale nazionale è un argomento che apprezzo. Questa regione ha sempre dato lustro a questa professione sportiva. Non dimentichiamoci che da qui sono provenute calciatrici del calibro di Carolina Morace o Betty Vignotto, senza dimenticarci di Manuela Giugliano. Prima della pandemia, le società che si sono iscritte ai vari campionati giovanili sono aumentate del 40%. Molte non sono riconducibili a club professionisti. Il nostro operato è coprire il territorio sfruttando scuole e settori giovanili. Per farlo dobbiamo puntare sulle società dilettanti. I nostri sono numeri enormi ma faccio i complimenti alle altre regioni perché, di recente, ho avuto modo di leggere un articolo molto interessante. Il numero di società che investono nel femminile sta crescendo nel centro e sud Italia. Ciò renderà il calcio fruibile e considerato da quelle bambine e ragazze le quali non avevano modo di accedervi. Cominciamo a vedere dei risultati.

E quali sono i vostri piani per il futuro?
Consolidare gli obiettivi raggiunti a livello giovanile e migliorarli se possibile a partire dalla prossima stagione. Il vero obiettivo è quello di perdere meno atlete durante il salto dall’attività giovanile a quella juniores o di prima squadra. Vogliamo che quella totalità di appassionate che praticano questo tipo di sport trovino, al di là delle loro capacità, la possibilità e l’opportunità di giocare nella categoria che preferiscono. L’impegno è quello di trasformare queste calciatrici in future professioniste o in semplici appassionate operanti nei campionati provinciali e regionali. Un altro dato, che non riguarda solo il femminile, è che la passione del calcio è data da coloro che vorrebbero giocarlo non solo a livello professionale ma anche dilettante. Vogliamo permettere a queste atlete di farlo senza dissipare i loro sacrifici.

Avvento del professionismo cosa comporterà?
Mi auguro comporterà una condivisione a raggiungere dei traguardi fin troppo dovuti, riconoscendo a queste atlete di valore quei diritti basilari a livello lavorativo. Verranno tutelate sotto questo assetto. Purché il percorso, rispetto al maschile, venga compiuto bene. Auspico che quell’aspetto che contraddistingue il calcio femminile, fatto di naturalezza e sana passione, che ha reso simpatico questo movimento, non venga perduto. E’ un valore aggiunto che può distinguere le donne dai maschi.

Quale scenario avremmo di fronte se non ci fosse stata la pandemia?
Se dovessimo parlare a livello giovanile femminile i numeri sono rimasti positivi. L’Impatto è stato minimo su questa categoria. Il Covid ha colpito pesantemente le prime squadre. E’ stato un freno non banale per i piani di sviluppo e di rafforzamento dei club di serie A e B. I protocolli per procedere nell’attività sono molto costosi, quindi il rischio è che un rallentamento di questo processo al vertice sia reale. La Federazione deve fare in modo che il tessuto non venga intaccato. Ci sono società preparate e motivate pronte a farsi valere a livello nazionale e internazionale.