Gama, in un’intervista rilasciata al sito L’Ultimo Uomo prima della sfida con l’Israele vinta dall’Italia Femminile con annessa qualificazione ai prossimi Campionati Europei 2022, ha toccato molti argomenti riguardanti lo sviluppo del calcio femminile in Italia, la Nazionale e il suo modo di giocare.

CAMBIAMENTO «In Italia il cambiamento è arrivato più tardi ma è stato radicale. Il momento più importante è stato quando nel 2015 la FIGC ha promulgato due norme che imponevano ai club professionistici maschili di tesserare almeno 20 calciatrici Under 12 e la possibilità dell’acquisizione del titolo sportivo. Queste due norme hanno permesso l’ingresso dei club professionistici nel calcio femminile».

JUVE WOMEN «La vera svolta a livello mediatico è stata l’ingresso della Juventus nel 2017 e a cascata delle altre principali squadre professioniste. Dopo quel momento sono arrivate le televisioni, con Sky che ha iniziato a trasmettere le partite del femminile, concedendo una visibilità che prima non esisteva».

MONDIALE 2019 «La Nazionale ha svolto un ruolo molto importante. Noi ci siamo qualificate in un anno in cui i ragazzi non ci sono riusciti e questa cosa ha creato un’opportunità in più. Al Mondiale in Francia siamo arrivate grazie al cambiamento delle regole del 2015. Poi il Mondiale è stata un’ulteriore svolta: da una parte è arrivato il grande pubblico e la riconoscibilità, dall’altra noi abbiamo avuto la forza di creare uno spirito di categoria, di unirci. Uno spirito che siamo state in grado di portare in campo e che è stato fondamentale per il risultato. Perché di fatto i nostri risultati non corrispondono al livello di sviluppo che ha il calcio femminile in Italia. Noi abbiamo fatto qualcosa di più, qualcosa di straordinario e questo ci ha permesso anche di puntare i piedi per chiedere ulteriori cambiamenti che stanno arrivando».

STRUTTURE «Le bambine possono immaginare di diventare calciatrici, quindi più bambine vogliono giocare. Il primo passo da fare riguarda dove possono allenarsi queste bambine: io e le mie compagne a dodici anni, che è il momento in cui solitamente si passa dal giocare con i maschi a un club femminile, dovevamo fare un’ora di strada per trovare una realtà che ci accogliesse. E allora capisci che diventa già un problema, qualcosa per cui nove su dieci smettono di giocare. Bisogna creare i vivai femminili, e non solo all’interno dei club professionistici, ma anche a livello dilettantistico sul territorio».

PROFESSIONISMO «Il secondo passo riguarda la gestione delle migliori calciatrici espresse dal movimento. Bisogna mettergli a disposizione le tutele necessarie. Mi riferisco al passaggio al professionismo, che è non solo doveroso per tutelare delle lavoratrici di fatto, ma è anche un’opportunità di crescita per il nostro sistema. Il professionismo porta con sé un sacco di altri vantaggi per i club e per la Federazione per migliorare il movimento».

RUOLO «Terzina è stato il mio ruolo negli anni giovanili e dei primi anni in serie A, la mia posizione ideale perché avevo più campo per correre e spingere. Lo spostamento a centrale è arrivato per caso: nel 2008, durante l’Europeo con la Nazionale under19 che poi abbiamo vinto, abbiamo avuto molti infortuni tra i centrali. Io ero il capitano e una delle giocatrici più esperte e così hanno deciso di spostarmi al centro, un po’ perché non avevamo più giocatrici che potessero farlo, un po’ anche perché io comunico molto in campo, che è un aspetto molto importante soprattutto quando giochi dietro. Nel 2015 sono rientrata dal Paris Saint Germain a Brescia e la squadra giocava con una difesa a tre. Da lì sono rimasta centrale, così come lo sono oggi alla Juventus».

DOVE MIGLIORARE – «A livello tecnico il colpo di testa in fase offensiva, che ha caratteristiche differenti per quanto riguarda il tempo dello stacco. Da un punto di vista tattico per chi difende è sempre importante mantenere le distanze giuste rispetto alla squadra».