Capitana, Campionessa, Icona, Simbolo.

In due parole: Sara Gama.

La calciatrice bianconera, ospite sul nostro canale Twitch, ha parlato delle emozioni speciali vissute in una settimana così intensa, in cui ha dato l’addio ufficiale alla maglia azzurra, e per parlarci di tutto ciò che ha rappresentato negli ultimi anni per il calcio femminile e delle sfide che attendono le Juventus Women, fra le semifinali di Coppa Italia e l’inizio della Poule Scudetto.

L’ADDIO ALLA NAZIONALE CON UNA FESTA “SPECIALE”

«Sì, sono Sara “l’originale” (ride, ndr): il fatto che le mie compagne si siano travestite da me con le parrucche e tutto il resto durante l’addio alla Nazionale mi ha colto di sorpresa, sono state bravissime a non farmi intuire nulla. A un certo punto ho sentito il richiamo alle mie spalle mentre facevo le interviste e mi sono resa conto che si erano travestite. Grande idea, devo fare i complimenti a Martina Rosucci, mi hanno regalato un sacco di cose e poi a cena mi hanno conciato per le feste. Era tutto inaspettato, ma anche molto allegro – come mi auguravo che fosse un momento importante per la mia carriera. È stato sicuramente un avvicinamento particolare alla gara, diverso dal solito, per una gara che ricorderò per sempre».

UN RIFERIMENTO CHE HA INDICATO LA STRADA A TANTI

«Grazie dei messaggi fantastici che arrivano in chat e che mi arrivano di continuo, è molto bello perché mi scrivono spesso padri e madri che hanno delle figlie che si riconoscono in ciò che ho fatto. L’idea che si prendano un momento per scrivermi è qualcosa che mi fa molto piacere, ricordano sempre i passi avanti che siamo riusciti a fare come movimento in questi anni. Queste sono le cose che ti danno una spinta. Quando si fa vedere qualcosa alle persone, gli si mostra una strada, chi osserva il tuo percorso sa che anche per imitazione può accadere qualcosa di bello, si può diventare una calciatrice. Così è più semplice imparare, al posto di seguire i propri istinti e andare tentativi come accadeva in passato».

NON CONTA IL NUMERO SULLE SPALLE, MA I VALORI PORTATI IN CAMPO

«Il numero 3 che indosso alla Juventus mi è sempre piaciuto da quando ero piccola, preferisco i dispari – non è che mi sia un motivo razionale. L’ho preso perché il numero 3 significa un sacco di cose sin dai tempi antichi, è un simbolo fondamentale e mi piace anche la forma, rientra moltiplicato in altri numeri a cui “tengo”. È stato scelto così, ma prima ho indossato anche altri numeri e non è importante cosa c’è scritto sulla maglietta ma quello che porti in campo. Quando sono cresciuta si è liberato il 3, l’ho preso e l’ho tenuto per il resto della mia carriera: giocare con un altro numero non è un dramma. Questo è il mio approccio. Meglio mettere in campo il sacrifico, voler far fatica per la compagna, avere la gioia di giocare: quelli sono i riferimenti da avere, non per forza il numero sulla maglia».

IL CASO DEL GUARDALINEE DONNA E UNA CULTURA CHE DEVE CAMBIARE

«Ho visto le immagini della guardalinee che si è fatta male, ho sperato prima di tutto che guarisse e che non fosse nulla di grave. Soltanto dopo ho saputo che è montata una forte discussione perché i commenti sull’episodio sono stati di cattivo gusto: non ci si rende conto che si sta parlando di una persona, prima ancora che di una guardalinee, che si è fatta male. Se io vedo una persona piena di sangue in faccia, la prima cosa che mi viene da fare è cercare un modo di sostenerla. Poi, come spesso accade alle donne, ci ritroviamo ad avere a che fare con certi commenti: questo purtroppo non è una novità. Ci dobbiamo porre la domanda relativamente al cosa stiamo facendo per cambiare culturalmente le persone: è un problema che va al di là del calcio».

LE ESPERIENZE ALL’ESTERO E LA VOGLIA DI GIOCARE

«Ho giocato all’estero perché qui in Italia il panorama era molto differente ai tempi, sono stata anche al PSG in Francia. Una prova personale per me, sapevo di trovare giocatrici più forti, sono uscita completamente dalla mia confort zone. È il massimo della sfida che puoi porre a te stessa: da quando ero piccola faticavo a trovare squadre in cui giocare, poi quando diventi grande devi vedertela con i pregiudizi che ancora oggi ci sono. Se dovessi sintetizzare il tutto in un concetto però devo dire che quello che non accetto è la differenza di opportunità di fare quello che hai voglia di fare: questa è la cosa più difficile da affrontare».

COME SEMPRE NON VI RACCONTIAMO TUTTO… **RIVIVI LA DIRETTA COMPLETA CON SARA GAMA SU TWITCH**!