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Federacao Portoguesa de Futebol: il piano di rilancio del calcio femminile

Liga BPI a 20 squadre; è questa l’idea che ha elaborato la FPF – Federacao Portoguesa de Futebol, per dare sostegno alle squadre femminili in questo periodo di stallo completo. Il board della federazione ha valutato che l’impatto della pandemia è stato significativo soprattutto nei settori calcistici in via di sviluppo ed ha stipulato questo patto normativo-economico affinché l’urto finanziario sia accusato con minore intensità.

Il programma consiste nell’ampliare numericamente parlando la massima serie femminile portoghese passando dalle 12 squadre attuali a 20, facendo salire gli otto club capolisti della prima fase nei rispettivi gironi di II Divisao (la Serie B femminile in Portogallo è suddivisa in 8 gironi in base all’area geografica) e bloccando le retrocessioni dalla Bpi.

La Liga Bpi 2020/2021 sarà suddivisa in due gironi da dieci squadre l’uno (Serie Norte e Serie Sul), di conseguenza le prime quattro di ogni girone verranno ammesse alla Fase Campeao e si giocheranno lo scudetto,  mentre le restanti dodici squadre andranno nella Fase Manutencao, da dove scenderanno ben 6 squadre con due club che saliranno dalla II Divisao (II Divisao che sarà composta da due gironi da otto squadre). Facendo questo processo di ricostruzione, la Lega Bpi rimarrà comunque a 16 squadre aumentando il numero di club partecipanti rispetto a quello iniziale.

Tutto ciò all’inizio farebbe storcere il naso ma l’operazione della FPF non è per la pura competitività del campionato ma soprattutto per salvare molti club dal fallimento finanziario dato che la federazione portoghese ha avviato dalla scorsa stagione un fondo finanziario accessibile a tutti i club della massima serie portoghese. Aumentando il numero di società partecipanti alla Liga Bpi, aumentano proporzionalmente anche le squadre con la possibilità di accesso al fondo e che quindi avrebbero a disposizione un importante sostegno economico che, con la crisi finanziaria che si avrà nel prossimo futuro, fa sempre comodo.

Credit Photo: Federação Portuguesa de Futebol

Benedetta Orsi, Sassuolo “Sabatino è come una sorella maggiore. Sogno? Diventare capitano neroverde”

E’ giovanissima ma ha già una storia molto importante alle spalle, Benedetta Orsi (classe 2000) è tra le calciatrici italiane più interessanti del futuro. Sin da piccola è appassionata di sport e si inserisce nel mondo del tennis, che poi è costretta a lasciare nel 2012 per delicati problemi di salute. E’ forte, li risolve e torna in campo: questa volta con un pallone da calcioche le dà subito innumerevoli soddisfazioni.
Inizia la sua carriera da calciatrice con la Reggiana, con cui vince il primo trofeo della sua vita: il campionato di Serie B (2016-17) a soli 17 anni. Nel 2018 si trasferisce nel Sassuolo, squadra della sua città e qui inizia a mettersi in mostra agli occhi del grande calcio femminile. In esclusiva ai microfoni di Calciomercato24, Benedetta Orsi ha raccontato i suoi obiettivi e le sue speranze future: tutti da realizzare indossando la maglia del Sassuolo Women.

Come hai trascorso la quarantena? Che programma di allenamento vi ha dato la società?
Ho trascorso la quarantena a casa godendomi la mia famiglia anche nelle piccole cose, che per via del calcio, avevo un po’ trascurato in quest’ultimi anni. La società ci ha messo a disposizione un programma per poter mantenere quanto fatto finora a livello fisico, variando le sedute ogni settimana, e alternando allenamenti di forza ad allenamenti aerobici“.

Quanto ti manca il campo?
Molto. Allenarsi da sole non è facile, soprattutto se non si ha la minima idea di quando si potrà tornare a riprendere la nostra routine quotidiana. Mi manca arrivare al campo e trovare le mie compagne, pranzare con loro, allenarmi con loro. Mi manca la ‘vita di squadra’“.

E’ la tua prima vera stagione al Sassuolo, sei diventata subito importante per il club: te lo aspettavi?
Sì, si può dire sia la mia prima vera stagione al Sassuolo, anche se vi sono fin dalla serie B. Quest’anno, avendo terminato gli studi, ho potuto dedicarmi interamente al calcio, riuscendo a trovare un posto da titolare che mi ha permesso di crescere molto. Non è stato tanto il fatto di ‘aspettarmelo’ , quanto ‘lavorare per riuscirci’“.

Ora, pare si vada verso la ripresa, tu e le tue compagne siete pronte a tornare in campo?
Penso che ogni mia compagna abbia lavorato bene in questo periodo, nonostante la situazione, per poter essere pronta a un’eventuale ripresa del campionato. Quando e se ci sarà la possibilità di tornare ad allenarsi per giocare le ultime sei partite di questa stagione, sono sicura che ognuna darà il proprio contributo per poter terminare al meglio“.

C’è chi vuole la ripresa e chi vorrebbe mettere fine ai campionati: da che parte stai?
“E’ difficile schierarsi: io personalmente vorrei concludere il campionato, ma allo stesso tempo vorrei lo si facesse nella sicurezza più assoluta”.

Pian piano sei diventata titolare, ti abbiamo visto giocare su entrambe le fasce e in ogni ruolo: preferisci più difendere o attaccare?
E’ vero, mi piace l’idea di potermi adattare in più ruoli quando è necessario. A inizio anno ho giocato difensore centrale, poi mi sono ritrovata, come l’anno scorso, sulla fascia, ruolo dove penso di riuscire ad aiutare maggiormente la squadra. Giocando con questo modulo, gli esterni si ritrovano ad essere difensori e attaccanti allo stesso tempo, di conseguenza non saprei dire quale dei due mi piaccia di più. Amo difendere, ma allo stesso tempo crossare“.

A proposito della ripresa. Si sente parlare di Serie A ad ogni angolo e il calcio femminile sembra essere stato “dimenticato”. Ti aspetti maggior considerazione?
Io penso che il calcio femminile, ora come ora, sia stato messo in secondo piano dalla Serie A, di cui si sente parlare ogni giorno, solo per una ‘questione economica’, e che non sia quindi stato dimenticato. Sono tanti gli sforzi che le società stanno facendo affinché tutto riprenda nel modo più giusto possibile, ma non è facile avere il controllo su una situazione indefinita“.

In squadra ci sono tante ragazze molto forti e un mito come Sabatino: cosa hai imparato da lei? C’è qualche consiglio che ti ha dato?
Io e Sabatino, nonostante la differenza di età, abbiamo avuto un bel rapporto fin dall’inizio. È stato un po’ come trovare una sorella maggiore che ti dà consigli ad ogni allenamento e ogni partita! Da lei ho imparato tanto calcisticamente parlando, indipendentemente dai diversi ruoli, ma sopratutto a livello umano… Mi ha insegnato l’umiltà, nonostante l’importante carriera che ha alle spalle, e la voglia di migliorarsi ogni giorno, pur avendo già raggiunto importanti obbiettivi. È una bellissima persona che si merita di essere considerata un esempio dentro e fuori dal campo. Ora mi deve un aperitivo! (ride, ndr.)“.

Ti sei già guadagnata la Nazionale e vista la tua giovane età è più che lecito porsi obiettivi importanti. Tra due anni ci saranno gli Europei: quanto ti piacerebbe essere presente in Inghilterra?
Vestire la maglia della Nazionale è sempre un’emozione e poter giocare l’Europeo sarebbe un sogno, sarei ipocrita a dire il contrario. Ma sono anche abbastanza obiettiva e penso che ci sia ancora tanta strada da fare per arrivare a un traguardo del genere. Nonostante ciò, continuerò ad allenarmi e cercare di imparare il più possibile perché nella vita vale il motto ‘mai dire mai’“.

Non hai ancora trovato il primo gol in Serie A: hai in serbo un’esultanza speciale o ti lascerai andare all’improvvisazione?
“No, non ho ancora trovato il primo goal in Serie A, e semmai dovesse accadere penso mi lascerò andare all’improvvisazione e alle emozioni di quel momento”.

Chi è il tuo idolo?
Sinceramente non ho un idolo in particolare a cui mi ispiri. Cerco di prendere il buono da ognuno e usarlo per la mia crescita personale per arrivare, un giorno, ad avere un’identità calcistica ben definita“.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Far parte della famiglia neroverde il più possibile, e da buona Sassolese che sono, diventarne capitano!“.

Credit Photo: Arnaldo Cavallotti

Berglind Björg Thorvaldsdottir pronta a lasciare il Milan?

Come tutte le favole, prima o poi finiscono. L’attaccante islandese era entrata fin da subito nel cuore dei tifosi rossoneri a suon di gol diventando una pedina fondamentale per lo scacchiere offensivo di mister Ganz. Purtroppo rumor di calciomercato danno la Thorvaldsdottir con le valigie in mano e pronta a salutare Milano. La punta era arrivata a gennaio in prestito ed aveva dato un impatto travolgente alla squadra realizzando 5 gol in 5 partite e portando le sue compagne alla vittoria in rimonta contro la Roma, partita vinta grazie ad una sua doppietta e risultata fondamentale per la rincorsa al secondo posto.

Ora però deve ritornare in Islanda al Breidablik, squadra proprietaria del cartellino e con cui ha vinto un campionato, una Coppa d’Islanda e due volte la classifica capocannoniere. Il rientro doveva avvenire da programma dopo la fine del campionato per arrivare pronta al Pepsi Max deild kvenna, massima serie islandese, con la data d’inizio posta a giugno. Ora con la Serie A bloccata, la Thorvaldsdottir ha ricevuto il via libera dal Milan per tornare in Islanda e disputare il suo campionato. Sulla questione è intervenuto il suo allenatore in patria Thorsteinn Halldorsson ai microfoni di Fotbolti.net: “Berglind tornerà a casa nei prossimi giorni, andrà in quarantena e inizierà gli allenamenti con noi per il prossimo mese”. Quindi brutta notizia che sicuramente non farà piacere ai milanisti che, nell’ipotetico caso in cui il campionato dovesse riprendere, non potrebbero contare sulla Thorvaldsdottir.

Credit Photo: Pagina Instagram Berglind Björg Thorvaldsdottir

Una lunga storia in biancoazzurro: Simona Innocenti ieri e oggi

È cosa nota: coltivare la propria passione calcistica senza essere professionisti richiede grossi sforzi. Ancora maggiori se il tuo è un lavoro organizzato in turni che a volte si sovrappongono agli orari degli allenamenti e delle partite. Ma se quella passione di cui sopra è veramente autentica, un modo per farla convivere con le responsabilità lavorative si trova. Specie i tuoi compagni di viaggio sono quelli giusti.

Ne offre una testimonianza diretta Simona Innocenti, partita dalle giovanili biancoazzurre e oggi parte della squadra in lizza per la Serie A. Una stagione di impegni sempre più pressanti dal punto di vista sportivo, ma anche di responsabilità crescenti sul fronte lavorativo, lei che di mestiere fa l’Operatrice Socio Sanitaria presso un centro per disabili di San Marino. Eppure, grazie al suo spirito di sacrificio, e grazie alla disponibilità delle persone che ha accanto, la magica alchimia si è trovata. E così Simona ha potuto vivere senza grandi rinunce quella che rappresenta la stagione più importante nella storia di un ambiente, il calcio femminile sammarinese, che lei conosce fin dai suoi esordi.

“Arrivare a questi livelli avendo alle spalle oltre 15 anni in biancoazzuro significaprovare tanto orgoglio e soddisfazione. Nello sport non c‘è niente di scontato o regalato, e per me ha un sapore ancora più speciale poter calcare un palcoscenico come la Serie B assieme alla San Marino Academy, che considero la mia seconda famiglia. Il tanto tempo passato con indosso questi colori rende tutto ciò semplicemente stupendo.”

Tanto tempo, ma si fa per dire. Simona non ha nemmeno 28 anni. E l’amore per il pallone che rotola su un prato verde ha riempito, finora, circa due terzi della sua vita. “Ho iniziato all’età di 9 anni ed è stato subito amore a prima vista. La mia passione per il calcio nasce dalla Juventus e soprattutto dai miei genitori super tifosi. Ricordo che a San Marino non esisteva ancora una vera e propria squadra: quando ho iniziato eravamo pochissime ragazze che andavano ad allenarsi al campo insieme. Era tutto agli inizi, non c’era tutto quello che c’è oggi. Ho iniziato a giocare insieme a mia sorella: lei ha lasciato dopo qualche anno, io invece non ho mai smesso.”

Se la passione non conosce pause, la militanza in biancoazzurro sì: una soltanto, e forzata. Ma in ogni caso breve. Per due anni sono andata a giocare a Coriano. Il problema è che a San Marino, ai tempi, non c’era una formazione Under 19, e io volevo continuare a giocare con le ragazze della mia età anziché fare subito il salto in Prima Squadra. Parliamo del periodo tra il 2008 e il 2010. Sono stati anni bellissimi, per tanti aspetti i più belli da quando gioco. Li ricordo con molta nostalgia. Oggi sono ancora convinta che quella sia stata la migliore scelta che potessi fareper la mia crescita personale e calcistica.”

Negli anni a venire, il settore femminile sammarinese ha completato il perfezionamento delle proprie strutture fino ad arrivare alla situazione odierna, dove la scala che porta dal settore di base alla Prima Squadra non ha gradini mancanti. Anzi, è curata con grande attenzione in ogni sua componente, sulla scorta di quella generale crescita del movimento che si può toccare con mano anche nella vicina Italia. “Credo che oggi le opportunità per le piccole calciatrici siano aumentate tantissimo, e questo è senz’altro un bene per tutte quelle ragazze che vogliano provare a fare di questo sport qualcosa in più di un semplice passatempo. Non nego che anche a me sarebbe piaciuto avere a disposizione strumenti simili e inseguire il sogno del professionismo. Ma sono contenta che per le bimbe di oggi ci siano e penso che il movimento femminile sia destinato a crescere ancora, sempre di più. Spero però che non si perda quella cosa che ha sempre contraddistinto il calcio femminile rispetto a quello maschile: la vera passione. Vedere che si sta investendo tanto in questo settore fa davvero ben sperare: mi auguro solo che si vada sempre e solo verso il miglioramento.”

Prima dell’emergenza Covid-19 la quotidianità di Simona si divideva fra lavoro e calcio. Fra la struttura per disabili presso cui presta servizio e il campo da gioco. Far convivere pacificamente le due metà del suo mondo non è sempre stata una passeggiata. Ma con qualche aiuto e soprattutto grazie alla sua forza di volontà, questo matrimonio si è fatto. “Mentirei se dicessi che è facile lavorare e giocare. Specialmente negli ultimi anni, le difficoltà sono aumentate. Facendo l’OSS in un centro residenziale per disabili e lavorando sempre nei weekend e nei giorni festivi, non è stato affatto semplice portare avanti questo impegno. La società però mi ha dato una grossa mano: quando è stato possibile mi hanno dato dei permessi sportivi per poter affrontare le trasferte domenicali, mentre quando giochiamo in casa cerco di cambiare il turno lavorando la mattina. Dopodichè, filo dritta al campo. Per gli allenamenti vale lo stesso discorso: ho sempre cercato di cambiare il turno, quando possibile, per non saltarne neppure uno. Se proprio non posso essere presente, il giorno dopo chiedo il programma individuale e lo svolgo per tenermi al passo con le compagne. Il nostro staff è sempre presente ed estremamente disponibile verso le nostre esigenze. Davvero non posso lamentarmi.”

In questi mesi, però, il calcio è uscito temporaneamente dalla quotidianità di Simona, come da quella di tutte le compagne. Per lei, anzi, gli ultimi tempi sono stati un periodo di trincea, dato che il centro in cui lavora ha ospitato purtroppo uno dei focolai più critici del territorio. Anche se adesso il peggio sembra alle spalle. “Molte persone che vivono all’interno della struttura, pur essendo ancora positive al test, non presentano più sintomi e quindi stanno bene. La cosa positiva è questa. Noi operatori siamo chiamati a proteggerci e a comportarci nel più totale rispetto delle norme igienico sanitare. Questo era vero prima ed è ancor più vero ora. È pesante, per tutti. Per questo speriamo di ritrovare la normalità il prima possibile.”

Il calcio, comunque, tornerà. E per Simona significherà probabilmente indossare ancora quella maglia con il numero 10. Già, ma perché proprio il 10? “Il 10 è il numero di Alessandro Del Piero, per il quale ho sempre avuto un debole. È uno dei due numeri più significativi per me. L’altro è il 23.”

Per anni Simona ha condiviso il campo con un gruppetto di ragazze sammarinesi più o meno sue coetanee. La maggior parte di loro è poi uscita dal giro del calcio giocato, per motivi diversi. Ma nel lungo tempo passato assieme ci sono state occasioni, come le partecipazioni ai Tornei della Pace, in cui si sono ritrovate in qualche modo a rappresentare il proprio Paese con indosso la maglia biancoazzurra. Quella squadra, ovviamente, non era una Nazionale. Ma ha comunque regalato loro una suggestione che, senza dubbio, merita un posto particolare fra le memorie di una carriera. “Ho bellissimi ricordi di quelle esperienze. Sono state occasioni di crescita sotto tutti i punti di vista.Sono sincera, mi sarebbe piaciuto tanto giocare in una Nazionale vera e propria, ma sotto questo aspetto credo di dovermi rassegnare, perché ormai sono entrata nella parte finale della mia carriera. Sono certa che saranno più fortunate le generazioni future: loro, sì, potranno vivere l’esperienza più bella che ci sia.”

Credit Photo: Federazione Sammarinese Calcio Femminile

Ufficiale: sospesi i campionati femminili in Spagna

La RFEF ha deciso oggi di sospendere tutti i campionati femminili in Spagna. La Liga Femenina (Primera Iberdrola) è stata sospesa ufficialmente oggi 7 maggio 2020. Il Barcelona è quindi Campione della Liga 2019-20, l’Atletico Madrid, secondo in classifica accederà alla Women’s Champions League. Le colchoneras hanno da subito protestato contro questa decisione nonostante i 9 punti di ritardo in classifica.

Bloccate le retrocessioni: Valencia ed Espanyol si salvano anche se occupano gli ultimi posti in classifica. Salgono dalla Serie Reto Iberdrola (come la nostra serie B) Santa Teresa ed Eibar. Il Santa Teresa è attualmente primo nel girone Sud, mentre l’Eibar è secondo dietro l’Athletic B nel gruppo Nord. L’Athletic B però non può andare nella Primera Iberdrola perché è la squadra B dell’Athletic.

L’anno prossimo quindi le squadre della Primera Iberdrola diventeranno 18. Le società sono assolutamente contrarie a questa decisione dato che segnalano almeno 600.000 euro di mancati introiti televisivi anche se affermano l’impossibilità di mettere in pratica tutte le iniziative previste dal protocollo sanitario

Anche la Copa de la Reina 2019-20 sarà disputata l’anno prossimo con le sfide in programma tra Barcelona e Sevilla e tra Logroño e Athletic Club de Bilbao.
Per quanto riguarda la Primera Nacional (serie C italiana), ci saranno i play-off in una sede unica con 4 posti a disposizione tra gli attuali campioni dei vari gruppi e la migliore seconda. In questo modo l’anno prossimo ci saranno ben 112 squadre nella Primera Nacional.

Tra le prime dichiarazioni ecco Ana Romero ‘Willy’ veterana del calcio spagnolo che su Twitter afferma che in questo modo la RFEF ha equiparato il calcio femminile a quello giovanile.

Credit Photo: Pagina Facebook FC Barcelona Femení

Ebony Salmon nominata per il premio Young Player Of The Year della BBC

Ebony Salmon è stata inclusa in una rosa di 12 giocatrici valida per la premiazione di fine stagione della BBC Sport – Young Player Of The Year della BBC.

La giovane giocatrice del Bristol City si è unita nell’estate del 2019, avendo precedentemente giocato al Manchester United e ha segnato otto gol in tutte le competizioni ed è stata spesso il catalizzatore delle vittorie dei Robins in questa stagione con realizzazioni chiave contro il Liverpool, Reading, Birmingham e contro il suo vecchio club, il Manchester United per consegnare alla squadra di Tanya Oxtoby una vittoria memorabile a gennaio. 

I giocatori preselezionati hanno tutti meno di 23 anni. 

Credit Photo: Bristol City sito ufficiale

Guglielmo Stendardo: “Occorre una rivoluzione culturale per incentivare un mondo che parte dal basso”

Guglielmo Stendardo, ex difensore di Lazio, Juve ed Atalanta, ora avvocato e professore di giurisprudenza alla LUISS, ha spiegato ai microfoni di Calcionews24 la situazione drammatica dal punto di vista economico che sta passando il movimento calcistico femminile.

Si parla molto di riforme, tutele e professionismo: tanti concetti che sembrano ancora molto astratti. Qual è il primo passo da fare?
«Il primo passo è la modifica della legge 91/81. Manca un contratto di lavoro subordinato e mancano tutte una seria di tutele per gli sport femminile. Se parliamo di calcio femminile parliamo di tutele sanitarie, previdenziali, di maternità… Una serie di tutele che sono all’interno del contratto di lavoro subordinato».

Milena Bertolini ha dichiarato: “Auspico che da questa crisi esca un calcio che dia spazio al professionismo”. Secondo lei è uno scenario possibile?
«Io mi auguro di sì. Dal punto di vista legislativo bisogna intervenire affinché ci sia un contratto di lavoro subordinato e intervenire significa modificare l’articolo 2 e l’articolo 10 della legge 91/81 e fare anche una rivoluzione culturale. Dobbiamo partire dal principio di uguaglianza della Costituzione. È assurdo che nel 2020 non ci sia nessuna donna atleta che maturi la pensione. Partiamo dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Se entriamo in ambito sportivo c’è la legge 91/81 che considera professionisti solo alcune categorie e credo che vadano modificati l’articolo 2, che non include le donne, e l’articolo 10, che presuppone che ci siano criteri oggettivi per stabilire chi diventa professionista e quali sono le qualifiche diventare professionista».

L’ingresso nel calcio femminile delle società professionistiche maschili ha aumentato la visibilità. Potrebbe aiutare anche nel passaggio al professionismo?
«Assolutamente sì. L’entrata e l’interesse di club professionistici come Juventus, Inter, Fiorentina, Roma, Lazio, ha incentivato il processo di crescita di questo movimento, però non basta. Occorrono riforme strutturali, proposte concrete e di sistema con meno politica, per salvaguardare un mondo. Bene che siano entrate società professionistiche, ma occorre una rivoluzione culturale per incentivare un mondo che parte dal basso. Occorre sapere che il calcio femminile potrebbe diventare un mondo di professioniste. Ci auguriamo che possa arrivare questa riforma».

All’inizio del suo mandato Gravina ha parlato di semiprofessionismo per il calcio femminile. Sarebbe una soluzione attuabile?
«Potrebbe esserlo fino ad un certo punto. In tema di diritti e di tutele abbiamo bisogno di un contratto di lavoro subordinato. Con la modifica della legge 91/81 andremo a garantire una tutela sanitaria, un’assicurazione contro i rischi, trattamento pensionistico, uno stipendio adeguato, perché è assurdo che non ci sia un salario minimo soprattutto per le ragazze di Serie A e Serie B. Oggi ci sono solo rimborsi spesa, ma in alcuni casi mancano anche questi. Ci sarebbe poi una tutela in caso di invalidità, l’assenza del vincolo sportivo fino al 25esimo anno di età. Poi ricordiamoci che le donne non maturano la pensione, ma anche gli operatori uomini che lavorano in questo mondo non hanno nessun tipo di tutela. Penso ad esempio agli allenatori».

Nel 2022 la finale di Champions si giocherà a Torino e le bianconere sognano di raggiungerla. Secondo lei, ottenere tutele e garanzie maggiori, potrebbe portare al raggiungimento di un simile traguardo?
«Io me lo auguro. Un motivo in più per poter raggiungere il professionismo è questo. È l’auspicio di persone di buon senso che credono nella Costituzione. È assurdo che nel 2020 le atlete in ambito sportivo, e mi riferisco a tutti gli sport, non abbiano le tutele previste dalla Costituzione. Anche la risoluzione dell’Unione Europea, del 5 giugno 2003, che prevedeva la non discriminazione è rimasta secondo me inattuata in alcuni punti, soprattutto per quanto riguarda le tutele. Il fatto di spostare l’Europeo al 2022 credo sia una scelta saggia per dare visibilità maggiore al calcio femminile, rendendola come unica competizione di quel periodo.
Questo torneo, ma anche la finale di Champions, spero possano incentivare ancor di più la classe dirigente e chi dovrebbe dare delle riforme per portare il calcio femminile verso delle riforme. Questo è un momento difficile e mi auguro che da questo periodo si possano trarre delle opportunità per riformare il mondo dello sport che ha bisogno del recupero di alcuni valori sociali, culturali, umani. Sappiamo benissimo che è anche un business, ma non dimentichiamoci che l’essenza dello sport è il coinvolgimento attivo che preveda tutele e diritti per tutti».

 

Barbara Bonansea cita Michael Jordan: “I limiti sono solo illusioni”

Barbara Bonansea attende la ripresa del campionato di Serie A femminile: attività ferme fino al 17 maggio, con gli allenamenti che potrebbero riprendere il giorno successivo. Sui suoi canali social, l’attaccante della Juventus Women intanto cita Michael Jordan e il suo celebre discorso alla cerimonia della Hall of Fame:
«Mai dire mai, perchè i limiti, come le paure, spesso sono solo delle illusioni»
.
Una frase davvero iconica per un momento molto complicato.

barbarabonansea
“Never say never, because limits, like fears,
are often just an illusion”
M.J.
#bb11 #sunisshining #nike #power #people
 
Credit Photo:Andrea Amato

Rebecca Corsi, Presidente Empoli Ladies: “Non vedevo l’ora di assumermi questa responsabilità; ho bisogno e voglia di crescere”

Voglia di crescere. Io e la squadra, insieme. Con il sogno di portare avanti ciò che ha fatto il padre Fabrizio. Rebecca Corsi, presidente dell’Empoli Ladies, ha parlato questa mattina a Tuttosport.
 
Rebecca Corsi, cosa vuol dire essere alla presidenza dell’Empoli Ladies?
«Per me è un grande orgoglio, un’opportunità importantissima. E sinceramente non vedevo l’ora di assumermi questa responsabilità. Ho bisogno e voglia di crescere. Lo faremo insieme, in parallelo, io e la squadra con enormi motivazioni».
 
Il suo è un percorso iniziato dal maschile.
«Lavoro con mio padre Fabrizio nel mondo del calcio da 7 anni e con lui ho un rapporto splendido. Ma non è mai stato semplice per me operare nell’ambiente perché un po’ sono “la figlia di” e un po’ sono una donna».
 
Ha visto pregiudizi?
«Quando ho iniziato non avevo la testa e l’esperienza di adesso quindi nei primi tempi ho fatto degli errori e ne farò ancora prima di avere una visione completa. Come tutti. A me piace fare autocritica per migliorarmi. Inizialmente è stato difficile perché non tutti sono pronti a darti una mano. Io ho avuto la fortuna di avere intorno persone che hanno creduto in me. So che sono ancora “work in progress” ma so anche che sto crescendo ogni giorno, con impegno».
 
Lei sta convincendo tutti con il suo lavoro, oltre le etichette.
«Nelle persone che ti guardano deve scattare qualcosa che ti permetta di vedere un individuo, senza differenziazione di genere. Prima di essere donne o uomini siamo persone».
 
Com’è nata l’esperienza all’Empoli Ladies?
«Circa un anno fa mi sono affacciata al femminile e da febbraio ricopro il ruolo di presidente. Visto che arrivo dal maschile, capisco che c’è da prendere spunto da questo settore a livello di struttura, ci vogliono più ruoli e più definiti. Dobbiamo mirare a quello. Adesso il femminile è 30 anni indietro rispetto al maschile».
 
Lei è nata circondata dal calcio.
«C’è da sempre. Tanto che Luciano Spalletti è il mio padrino di Battesimo. Ho sempre assaporato questo sistema, ci sono sempre stata in mezzo».
 
Cosa le ha fatto scattare la passione?
«Tutto nasce dal fatto che quando ero piccola mio padre ha acquistato l’Empoli. Durante le prime partite al Castellani mi addormentavo in collo a lui in tribuna, poi però ho smesso di dormire e il calcio è diventato un motivo per stare con lui, quindi mi sono appassionata e ora non ne posso più fare a meno».
 
Prima come tifosa, poi come dirigente.
«Nel mezzo ho dovuto dimostrare qualcosina (ride, ndr) prima di entrare nell’organigramma».
 
Quanto è soddisfatta dell’Empoli Ladies?
«Abbiamo un gruppo unito, che ha superato le aspettative dopo la promozione in serie A. Una formazione giovane, con grandi valori e capace di andare a Milano e vincere, ci sta rendendo orgogliosissimi. Quella con il Milan è stata bella, ma la partita che mi ha emozionato di più è quella in casa contro la Juventus. Abbiamo perso, ma di misura ed è stata una gara bellissima».
 
L’esempio è il club bianconero?
«Dobbiamo sempre guardare a chi è più bravo e la Juve è un esempio per il calcio a tutti i livelli ma ci sono ci altre ottime realtà».
 
Per cosa si batte?
«Per conservare la serie A in cui siamo fieri di essere arrivati, ma anche dare un’identità al campionato e a tutto il sistema».
 
La chiave è il professionismo?
«Dobbiamo dare un futuro a questo mondo. Altrimenti il rischio è che i presidenti si stufino alla lunga di mettere i soldi visto che ad oggi è solo un costo per l’azienda. Far crescere il sistema è la volontà e parlarne è già qualcosa».
 
Com’è il suo rapporto come le calciatrici?
«Tradizionalmente ad Empoli abbiamo un’impostazione familiare, ma c’è la necessità del rispetto dei ruoli. Detto questo, fra donne a volte basta un sorriso e la complicità per capirsi. Da parte mia c’è la voglia e l’impegno di non far mancare mai niente a questa squadra».
 
Aspettate la ripartenza nei due settori?
«Io sono “sconvolta” rispetto a ciò che sta accadendo oggi perché il sistema calcio e il sistema economico in generale è un disastro. Sentirsi dire dal Ministro di pensare alla stagione successiva non è la strada, come se la stagione successiva non fosse un problema. Intanto è necessario tornare ad allenarsi e lo faremo. Dobbiamo ripartire».
 
Chi l’ha aiutata di più a crescere?
«Diverse persone, comunque va bene anche pochi ma buoni. Mio padre certamente è stato fondamentale anche se a volte ci scontriamo perché lui pretende sempre un po’ di più e subito. Fa parte del rapporto padre-figli. Lo chiamo spesso e gli dico “ho bisogno di un consiglio, dammi una mano”. Voglio che prenda le decisioni con me, lo coinvolgo. Chi meglio di lui?».
 
Lei ha un un sogno?
«Sì, il sogno è quello di essere un giorno mio padre. Sogno di portare avanti questa realtà perché la sento mia, appartiene alla mia famiglia, la difenderò più che posso perché io sono nata qui e anche solo l’idea che questo club un giorno, non sia più nostro mi far star male. E quindi il mio sogno è portare avanti ciò che ha fatto mio padre. Che l’Empoli sia sempre Corsi».
 
Credit Photo: Empoli Ladies
 
 

Distanti ma… comunicanti: a casa di Stefania Zanoletti

Noi #RestiamoACasa, ma le rubriche di Hellas Verona Channel non si fermano. Perché comunicare, parlare e ascoltare, in un momento come questo dove le relazioni umane sono fisicamente ridotte al minimo, è socialmente utile.

Docente e calciatrice, Stefania Zanoletti è l’insegnante fra i difensori centrali dell’Hellas Verona, a cui è arrivata dopo una carriera che l’ha portata a vestire diverse maglie, comprese quelle prestigiose di Bardolino e Brescia. Cultrice della vita di spogliatoio, è tra i difensori più apprezzati della Serie A e importante membro della squadra gialloblù. In questo periodo, che in realtà l’ha sempre tenuta impegnata tra allenamenti e scuola online, Stefania si è raccontata ospitandoci, virtualmente, in casa Zanoletti. È lei la nuova protagonista di Distanti ma… comunicanti!

Credit Photo: Hellas Verona Women

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