Sarà Brescia – Verona la finale di Coppa Italia femminile 2016: le due squadre che hanno rappresentato l’Italia nella Champions League appena conclusasi a Reggio Emilia con il successo del Lione ai rigori sul Wolfsburg, si affronteranno il 12 giugno a Firenze. Ieri, doppia vittoria in trasferta per le due finaliste: l’AGSM Verona si è imposta sul Castelfranco (3-1) quest’anno brillante seconda nel girone C di Serie B, mentre il Brescia ha superato nel derby lombardo il Mozzanica (5-1).
Panchine Oro e Argento, premiazioni tra applausi e qualche polemica
La premiazione dei migliori tecnici di calcio femminile, è avvenuta contemporaneamente alla finale di Champions League femminile tra Lione e Wolksburg, nella fantastica sede del CERE di Reggio Emilia.
I lavori di tale evento, condotti dall’ allenatrice del Brescia Femminile, Milena Bertolini e terminati con la presenza di Morgana e Ulivieri, hanno sucitato interesse e applausi ma hanno anche provocato qualche perplessità all’ interno del panorama del Calcio Femminile Italiano, soprattutto a livello nazionale.
La votazione per tali riconoscimenti è stata inserita in un contesto formativo di due giorni, in cui hanno trovato spazio il preparatore atletico del Brescia, Fabiana Comin del Verona ed il grande Mister Eusebio DI Francesco.
Nella procedura per la votazione, avvenuta Mercoledì’ in apertura di giornata, il primo errore formale è accaduto con l’ errore nella lista dei tecnici aspiranti alla panchina d’oro, nell’ elenco era stata omessa l’ allenatrice del Bari, Cardone, protagonista tra l altro di un finale di stagione esaltante, meritevole di attenzione.
Avvenuta la prima votazione, da parte degli aventi diritto al voto, dopo circa un ora tale votazione è stata resa nulla per alcuni “errori”, e quindi è stata organizzata una seconda votazione, in cui appunto è stata inserita in lista anche Cardone, tecnico del Bari Femminile, e si è riorganizzata la lista degli aventi diritto al voto, togliendo tra le altre l’ allenatrice professionista Giammanco Micol, che aveva invece ricevuto diritto di voto nella prima tornata, pur senza aver allenato alcuna squadra di calcio femminile.
Alla votazione hanno preso parte tutti i tecnici presenti di calcio femminile, e non solo i tecnici di A e B, hanno avuto accesso gli istruttori di ogni categoria giovanile femminile, compresi i tecnici di primavera e giovanissime presenti in loco, i mister in seconda e i mister dei portieri. I tecnici che non hanno frequentato tale corso di aggiornamento a pagamento, posizionato nei giorni di Mercoledì e Giovedì, non sono invece stati interpellati nella votazione.
Per il secondo anno di seguito è stata eletta panchina d’oro dai colleghi e dalle colleghe Milena Bertolini, tra gli applausi dei partecipanti.
Per il secondo anno consecutivo è stata eletta panchina d’argento dai colleghi e dalle colleghe, Federica D’astolfo, con qualche rumorio nell’ aula durante l’ atto della proclamazione tenuto dal grande Renzo Ulivieri.
Non tutta la platea ha gradito il fatto che per il secondo anno di fila la D’astolfo, vincesse il premio, dopo il terz’ultimo posto conseguito dalla sua formazione nella corrente stagione, la giovanissima squadra della Reggiana Barcom Femminile.
L’ ultimo intervento deciso è stato quello del Mister del Verona, Renato Longega, che ha reclamato parità di opportunità tra i generi, poiché per le donne, a detta del pluriscudettato allenatore veronese, la strada verso i corsi di formazione è in discesa, mentre per gli uomini è terribilmente in salita, così come per l’ attività di formazione nei corsi Uefa C e B sul calcio femminile, dove le uniche docenti possono essere donne, mentre uomini che allenano da anni il femminile, anche con ottimi risultati, vengono esclusi per differenza di genere.
Una importante tappa legata alla formazione dei tecnici in rosa, con l’ assegnazione di importanti riconoscimenti ai tecnici di calcio femminile italiano, a cui la redazione fa arrivare i suoi complimenti.
Queste le votazioni:
Panchina d’oro, Serie A:
PRIMA CLASSIFICATA
Milena Bertolini ( Scudetto, Quarti di Champions e Finale di Coppa Italia)
SECONDA CLASSIFICATA
Nazarena Grilli ( 4° classificata in A, Semifinale coppa Italia)
TERZO CLASSIFICATO
Renato Longega (qualificato Women’s Champions League)
Panchina d’ argento, Serie B
PRIMA CLASSIFICATA
Federica D’ Astolfo ( 8° classificata Serie B girone B)
SECONDO CLASSIFICATO
Antonio Cincotta ( 1° classificato Serie B girone A)
Ashraf Seleman ( 2° classificato Serie B girone D)
Giocano le donne? Meglio, ci sono più spettatori che per la Juve!
«Che vengano sempre loro, per favore!». Al bar del Mapei di Stadium di Reggio Emilia, quello in cui gioca il Sassuolo in Serie A e che quindi ospita anche Juventus, Milan e via dicendo, sono sicuri di non aver mai venduto tanto e anche in biglietteria la stessa cosa. «Nemmeno per le partite di campionato con le big si riempie così» spiegano. Confermano i vigili urbani: in una serata di maggio hanno fatto lavoro extra perché in 19mila sono andati a vedere a giocare a calcio le donne. Sì, loro sono le donne, quelle che Sinisa Mihajlovic, neo allenatore del Torino, ha detto poco più di un mese fa che di pallone non dovevano nemmeno parlare.
Non donne qualunque, ma le finaliste della Champions League femminile ospitata nello stadio reggiano, per la prima volta in Italia, con due giorni di anticipo rispetto all’ultimo atto del torneo maschile di San Siro fra Atletico e Real Madrid. Qui ci sono Olympique Lyonnais e Wolfsburg. O meglio francesi e tedesche. Più semplice dire così per tanti allo stadio, la maggior parte degli quali a vedere una partita di calcio femminile non ci erano mai andati. E tutti, compresa chi scrive, si sono pentiti subito di non averlo fatto prima.
«Non è come vedere gli uomini – dice una signora – è meglio, c’è più armonia nel gioco, meno falli. Vedo cose peggiori alle partite di mio figlio che ha nove anni». È venuta con il marito e il figlio appunto. Perché? «Per le frecce tricolori (sono passate sopra lo stadio prima del fischio d’inizio n.d.r), perché avevamo sentito la pubblicità, ci sembrava una cosa diversa dal solito e costava poco». Sarebbe meglio dire che costava pochissimo. 10 euro per la tribuna, 7 per le curve. Giusto per fare un paragone i biglietti per la finale a Milano di sabato sera costavano ufficialmente fra i 70 e i 440 euro, ora li hanno in vendita solo alcuni siti e si parte da 1500 euro.
Economicamente parlando il calcio è fra gli sport dove la parità è un’utopia anche dove le giocatrici sono professioniste, cosa che non accade in Italia. Agli ultimi Mondiali, la Germania ha avuto 35 milioni di dollari di premio per il titolo maschile, le donne statunitensi appena 2. La francese Necib, in campo ieri, considerata una novella Zidane, ne guadagna 95mila l’anno. Fosse un uomo ci sarebbero molti più zeri. Allo stadio però forse non si sarebbe stata la ola, 4 volte, applausi a ogni bella giocata e neanche un fumogeno.
L’emozione e i commenti guardando la partita sono però gli stessi. Gli «oh» quando si sbaglia un gol fatto e gli applausi per una bella giocata. «Che fisico!» si lascia scappare un ventenne in tribuna, ma aggiunge anche «sembra Pirlo al femminile», perché i termini di paragone sono tutti maschili. A tutte le età. «Tu ne conosci delle bambine che giocano a calcio?» chiediamo a un bambino di sette anni venuto con il papà e lo zio. Lui sgrana gli occhi e dice un no come se fosse impossibile e come se non stesse guardando delle donne che giocano a pallone.
Gran parte degli spettatori italiani sono ragazze che praticano questo sport. E allora si chiede un commento tecnico: come giocano? «Meglio di noi» dice ridendo un gruppo di Bergamo che spiega: «per chi non lo ha mai visto è un gioco meno fisicorispetto agli uomini, ma ci si arriva con la corsa, la tecnica e gli schemi». Queste giocatrici erano andate anche a vedere la nazionale a Verona l’anno scorso. «Era gratis e c’era la metà della gente». Non se ne aspettavano tanta nemmeno a Reggio Emilia, ma c’è chi è venuto da lontano come le ragazze della Nocerina e quelle di Arezzo la descrivono come l’unica occasione di vedere «chi fa il nostro sport ad altissimo livello». Le più emozionate sono le bimbe di San Marino. Hanno fra 7 e i 12 anni, giocano a calcio e hanno accompagnato in campo le finaliste.
Ci sono i tedeschi e i francesi ovviamente a seguire le squadre. Qualche pullman organizzato, ma anche tanti che hanno deciso di prendersi qualche giorno e fare un week end lungo. È il caso di Jerome, francese che vive nel sud della Germania. Ha preso la macchina e poi andrà anche a Firenze. «Sono sempre stato appassionato della squadra maschile, da qualche anno seguo anche le donne. Sono più avvicinabili, mi sembra uno sport più pulito, meno facile all’imbroglio». In Italia solo la Fiorentina, fra i grandi club ha una squadra femminile. All’estero questa è stata la strada per far avvicinare i tifosi al calcio donne e per permettere loro di allenarsi come lavoro non dopo il lavoro. Detto con le parole di Patrizia Panico, icona del calcio femminile azzurro: «Se la Juventus decidesse di avere una squadra di donne, l’impatto per il movimento sarebbe grandioso». I numeri sono lontani: in Italia le tesserate sono 22.564, in Germania 250mila, in Francia 170mila.
Chi, per la cronaca, volesse sapere chi ha vinto dovrebbe adattare una battuta dell’inglese Gary Lineker. «Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince». Per le ragazze funziona invece così: il calcio è un gioco semplice in cui 22 donne rincorrono un pallone per 90 minuti (1 a 1), più supplementari e rigori (5 a 4) e alla fine vincono le francesi. Non francesi qualunque. Il Lione ha vinto dieci campionati di fila e tre Champions League. La migliore in campo? Casacca lionese e nazionalità giapponese per Saki Kumagai, classe 1990, già campione del mondo con la nazionale del sol levante nel 2011.
Gli unici scontenti sono i venditori ambulanti di panini. Si trovano lontano dallo stadio, tornando alla macchina, lasciata non proprio a due passi perché i parcheggi, non grandi come quelli dell’Allianz Arena di Monaco, erano pieni. Le regole Uefa non hanno permesso ai loro mezzi loro di mettersi al solito posto vicino al campo. Hanno le facce lunghe anche alcuni tifosi tedeschi, ma non poi più di tanto quando mangiano la piadina consolatoria, superati dalle biciclette dei reggiani. La maggior parte allo stadio ci sono andati così.
Verona soffre ma va in finale di Coppa Italia!
Archiviato il bel finale di campionato con l’ottenuta qualificazione alla Champions League, le ragazze dell’Agsm Verona si tuffano, testa e gambe, nella Coppa Italia. In Toscana, sotto il sole cocente di Castelfranco di Sotto, c’è in palio l’approdo alla finale della competizione tricolore.
Soliti problemi di organico per mister Longega che deve rinunciare alle infortunate Gabbiadini, Ohrstrom, Marconi e Salvai, tutte presenti al comunale di Castelfranco per incitare le compagne di squadra. In campo dal primo minuto la primavera Angelica Soffia.
La prima opportunità del match è per il Verona con Tatiana Bonetti che a tu per tu con il portiere si fa respingere la conclusione. Un minuto più tardi ci prova Valeria Pirone, conclusione diagonale deviata in angolo da Baldi.
Le toscane si fanno vedere in avanti con la conclusione di Prugna parata da Harrison.
Le scaligere faticano ad esprimersi contro una compagine aggressiva e si va così al riposo a reti inviolate.
L’Agsm Verona torna in campo con Brutti a centrocampo in sostituzione di Belfanti con difesa che si schiera a tre. Le veronesi sono più aggressive e si rendono pericolose con il tentativo di Michela Ledri, sfera a lato.
Rispondono le toscane con Acuti che in mischia da due passi non riesce a battere Harrison.
Al 20′ Bonetti va via in posizione regolare e viene atterrata sul limite dalla numero uno Baldi che viene espulsa.
Di Criscio sul conseguente calcio di punizione coglie in pieno il palo.
Trascorrono due minuti e Valeria Pirone viene atterrata in area. Zucchetti di Foligno in dica il dischetto del calcio di rigore che Federica Di Criscio trasforma spiazzando la neo entrata Bulleri.
Al 32′ le scaligere in superiorità numerica riescono nell’impresa di subire il pareggio del Castelfranco con una clamorosa autorete di Claudia Squizzato che incorna nella propria porta trafiggendo Harrison.
Le ragazze dell’Agsm Verona sono nettamente sorprese dall’inattesa piega che ha assunto la partita e Harrison è costretta a chiudere lo spazio ad Acuti che non riesce a concludere.
Le gialloblù hanno un sussulto d’orgoglio e Valeria Pirone raccoglie il lancio di Bonetti, si invola in area e trafigge il portiere piazzando la sfera sul palo lontano.
La numero sette del Verona si ripete quattro minuti più tardi con un’azione in fotocopia. Questa volta Bulleri riesce tuttavia ad intercettare la prima conclusione di Pirone che riprende la sfera ed insacca a porta sguarnita il pallone del definitivo uno a tre. Risultato che qualifica l’Agsm Verona alla finalissima di Coppa Italia.
Le veronesi portano a casa vittoria e qualificazione nonostante una gara sottotono, sicuramente condizionata dal gran caldo.
Il 12 giugno nella finale di Firenze ci vorrà però un altro Verona per cercare di portare a casa la quarta Coppa Italia nella storia del club.
CASTELFRANCO – AGSM VERONA 1-3
Reti: St. 27′ Di Criscio (Rig.), 32′ Autorete Squizzato, 42′ Pirone, 46′ Pirone
Castelfranco: Baldi, Di Guglielmo, Maltomini, Varriale, Caucci, Ferrara, Prugna, Di Lupo, Acuti, Parrini, Cinotti.
A disposizione: Bulleri, Galluzzi, Cirillo, De Rita, Consoloni, Meropini, Morucci.
Allenatore: Alessandro Pistolesi.
Agsm Verona: Harrison, Ledri, Carissimi, Di Criscio, Pirone, Bonetti, Fuselli, Soffia (36′ st. Nichele, 44′ st. Baldo), Laterza, Squizzato, Belfanti.
A disposizione: Gava, Ambrosi, Brutti, Nichele, Baldo, Salvai.
Allenatore: Renato Longega.
Arbitro: Luca Zucchetti di Foligno
Assistenti: Riccardo Corti e Francesco Boccolini di Pisa.
Note: Pomeriggio soleggiato e caldissimo, terreno in condizioni non ottimali. Recupero 1+
Brescia domina il derby: è finale
Quando conta il derby si tinge di biancoblu con il Brescia che conquista l’accesso alla finale di Coppa Italia battendo in trasferta il Mozzanica, unica squadra in Italia finora mai battuta nel corso della stagione dalla squadra di Bertolini. Il tecnico reggiano deve rinunciare a Cernoia bloccata da un nuovo infortunio alla caviglia e decide di schierare la squadra lungo un 3-5-2. Il risultato di parità dura solo dodici minuti con la partita spaccata da Bonansea che parte palla al piede dalla trequarti saltando quattro avversarie in diagonale prima di trafiggere Gritti. In precedenza Linari aveva ribattuto al limite dell’area piccola un tiro di Giacinti. Un minuto dopo il vantaggio biancoblu Williams sfiora il 2-0 con il pallone che viene deviato in angolo con l’estrema di casa che proprio sugli sviluppi del calcio piazzato salva prima sulla conclusione a botta sicura di Williams e poi di Girelli. Al quarto d’oro è Marchitelli ad effettuare una doppia parata prima su Stracchi e poi su Scarpellini, ma al 16’ è ancora la squadra di Bertolini ad esultare grazie alla rete di mele, servita da Sabatino, che porta il Brescia sul 2-0. Galli al 29’ si vede respinto il suo tiro da Marchitelli, ma la numero uno biancoblu oggi è insuperabile e al 31’ si supera nell’uno contro uno con Giacinti. Al 38’ anche Iannella si vede negare il gol da Marchitelli con il Brescia che controlla la partita e al 40’ colpisce ancora: Bonansea questa volta parte dalla linea di centrocampo innescata da Mele ed in solitaria supera Gritti per il 3-0 che chiude il primo tempo. Prima di rientrare negli spogliatoi le biancoblu si rendono ancora pericolose con Williams su punizione: Gritti si oppone all’ultimo.
Nell’intervallo Bertolini lascia negli spogliatoi Linari e Mele inserendo al loro posto Boattin ed Eusebio. Il Mozzanica resta in dieci al quarto d’ora per l’intervento di Bartoli su Bonansea che costa il secondo giallo al difensore bergamasco; dalla punizione di Williams Sabatino sul primo palo di esterno sfiora il 4-0. Rete che giunge al 21’ quando Rosucci si inventa da dentro l’area un tiro a giro che supera Gritti e fa esplodere la parte biancoblu dello stadio di Mozzanica. Sabatino al 29’ cerca l’acuto personale con un pallonetto dal limite che termina di poco alto sulla traversa; l’appuntamento con la rete è solo rimandato di dieci minuti perché al 38’ Girelli serve proprio Sabatino in area che vede leggermente fuori dai pali e la supera con un lob dal centro dell’area. Nel finale, al 43’, il Mozzanica trova il gol della bandiera sugli sviluppi di un calcio d’angolo con Pellegrinelli che dal limite batte Marchitelli.
Il 12 giugno a Firenze l’avversaria, ed ultimo ostacolo dalla tripletta di trofei nazionali in stagione, sarà il Verona.
MOZZANICA – BRESCIA 1-5
MOZZANICA (4-4-2): Gritti, Zanoletti, Bartoli, Stracchi, Schiavi, Locatelli (9’ st Cambiaghi), Giugliano (18’ st Tonani), Galli, Giacinti, Scarpellini, Iannella (28’ st Pellegrinelli). A disp.: Capelletti, Fusar Poli, Rizzon, Crevi. All.: Gritti.
BRESCIA (3-5-2): Marchitelli; Gama, D’Adda (24’ st Tarenzi), Linari (1’ st Boattin); Bonansea, Alborghetti, Rosucci, Mele (1’ st Eusebio), Williams; Girelli, Sabatino. A disp.: Ceasar, Lenzini, Serturini, Martani. All.: Bertolini.
ARBITRO: Lombardelli di Torino.
MARCATRICI: 12’ pt Bonansea, 16’ pt Mele, 40’ pt Bonansea; 21’ st Rosucci, 38’ st Sabatino. 43’ st Pellegrinelli.
AMMONITA: Bartoli
ESPULSA: 15’ st Bartoli.
Calcio femminile, ecco l’insegnamento della Women’s Champions League di Reggio Emilia
Un grande entusiasmo ha circondato la finale della Champions League femminile di calcio, disputata da Olimpique Lyonnais e Wolfsburg allo stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia. Un’occasione importante per il nostro Paese per conoscere uno sport che dalle nostre latitudini è circondato da un’attenzione minima da parte di tutti: addetti ai lavori, responsabili della comunicazione, tifosi. Sarà l’occasione giusta per rilanciare il calcio femminile in Italia?
“Accogliere questa prestigiosa partita nel nostro Paese ci dà una grande opportunità per far sì che i nostri progetti per lo sviluppo del calcio femminile possano allungare il passo e ispirare sempre più ragazze a unirsi a questo gioco”. Parole di Carlo Tavecchio, presidente della Federcalcio, riportate sulla guida ufficiale distribuita allo stadio di Reggio Emilia in occasione della finale di Champions League. Alla quale non ha preso parte nessuna squadra italiana, nonostante il dignitosissimo cammino compiuto dalle fresche campionesse d’Italia del Brescia, eliminate ai quarti di finale dalle tedesche del Wolfsburg.
La verità è che vedere una squadra italiana lottare per un traguardo così prestigioso oggi è un’autentica chimera. È sbagliato ridurre il calcio a una mera questione di investimenti e strutture, ma la verità è che l’Italia paga un gap enorme nei confronti degli altri Paesi europei, nei quali il calcio femminile ha grande considerazione, grande seguito e, di conseguenza, grandi investimenti su cui contare.
Come in ogni campo della vita, anche nel calcio i risultati raggiunti sono frutto delle scelte che vengono compiute a monte, in questo caso dalle Istituzioni che governano il mondo del pallone. Per restare alle parole del numero uno della FIGC, auspicare che il calcio femminile possa allargare il numero di tesserate e possa cogliere l’attenzione dell’opinione pubblica non basta. Servono idee, pianificazione e investimenti e, possibilmente, il serio e fattivo coivolgimento delle principali squadre della serie A maschile e politiche che spingano i club a credere nel calcio femminile.
Più facile da dirsi che da farsi, in verità. Eppure la finale di Champions League ospitata a Reggio Emilia può e deve essere uno stimolo per parlare di calcio femminile, per spingerlo a superare gli ostacoli che oggi ne fanno uno sport di nicchia, di promuoverlo affinché diventi popolare come quello giocato dagli uomini. Con tecnica, fisicità e dinamiche diverse – è naturale – ma con la stessa passione di chi ci gioca e di chi lo segue.
Se c’è un insegnamento che la finale del Città del Tricolore può dare a tutti è proprio questo: le giocatrici di Lione e Wolfsburg che si sono sfidate per la conquista del prestigioso trofeo in palio hanno tutte una storia da raccontare, fatta di sacrifici, sforzi, infortuni, di forza di volontà, di gioie e dispiaceri. Storie che meritano di essere narrate, conosciute, apprezzate. Spesso la differenza sta tutta qui.
Viviamo in un Paese che si infiamma per i particolari dell’ultima storia di gossip del calciatore famoso di turno ma che non sa apprezzare le belle e vere storie sportive, comprese quelle che riguardano il calcio al femminile. Con giocatrici che oltretutto sono costrette a fare il doppio degli sforzi e della fatica rispetto alle loro colleghe che giocano nel resto d’Europa semplicemente perché in Italia il calcio femminile non rientra tra gli sport professionistici e coloro che vogliono giocare sono costrette a farlo come secondo lavoro.
Dunque ben venga la finale di Champions League degnamente organizzata e promossa in Italia (doverosi complimenti alla città di Reggio Emilia per la promozione effettuata, 20.000 persone presenti allo stadio sono il frutto di un capillare lavoro che ha portato ottimi frutti), ma che non resti una vetrina di cui farsi belli, in cui stringere mani, far scattare i flash delle macchine fotografiche e di cui poi dimenticarsi appena il sipario viene calato, magari spostandosi in fretta e furia a Milano, dove sabato sera andrà in scena l’ultimo atto della Champions League maschile.
Da questo punto di vista la prestigiosa sfida ospitata al Città del Tricolore deve essere il punto di partenza a cui devono seguire fatti concreti, mirati ad aumentare gli investimenti economici e mediatici che permettano di accendere un faro sul calcio femminile e lo tengano ben acceso finché la gente non si accorga di quanto sia interessante questo sport. Non per 90′ (anzi, per 120′, visto che sono serviti i calci di rigore per determinare la vincitrice), ma per intere stagioni, in modo da spingere il maggior numero di persone a seguire le partite. Perché è seguendo le partite e conoscendo le storie che le persone si possono davvero appassionare e divertirsi. Provare per credere!
Nasce la squadra femminile dell’Andora Calcio
Il piano sportivo dell’Andora Calcio (Savona) prevede, nella prossima stagione agonistica 2016/17, la presenza di una squadra femminile.
“Il percorso della società Andora non può prescindere dal cercare di costruire, anche nella nostra realtà, un movimento connesso alla crescita del calcio femminile – afferma il presidente Paolo Morelli – dalle prime analisi e valutazioni riteniamo di avere concrete possibilità di riuscire nel nostro intento”.
“Questa bella opportunità, conclude Morelli, credo sia l’ennesima conferma della bontà del nostro “progetto”.
Castelfranco e AGSM Verona si affrontano per un posto nella finalissima di Coppa Italia
Messo in archivio il campionato di serie A 2015/2016 con l’ottimo secondo posto ottenuto dall’Agsm Verona e la conseguente qualificazione Champions, per la formazione scaligera non è ancora tempo di vacanze. Questo sabato le veronesi saranno infatti impegnate in Toscana contro il Castelfranco per la semifinale di Coppa Italia in gara unica ad eliminazione diretta. Il fischio d’inizio è fissato per oggi alle ore 15,00 allo Stadio Osvaldo Martini di Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa.
Il Castelfranco, società affiliata all’Empoli, milita nel girone C della serie B e nel campionato appena concluso ha sfiorato la promozione nella massima serie piazzandosi al secondo posto in classifica ad una sola lunghezza dalla capolista Cuneo.
In Coppa Italia le toscane allenate da Alessandro Pistolesi hanno raggiunto la semifinale, traguardo storico per una formazione della serie cadetta, dopo un lungo cammino iniziato con il girone preliminare dove hanno ottenuto la qualificazione come seconde dietro la Fiorentina dopo aver battuto il Bologna 6-0, il Riviera di Romagna di serie A 3-1, ed essere state sconfitte 3-1 dalla squadra viola.
Negli ottavi di finale il Castelfranco ha eliminato il Perugia (4-3 dopo i calci di rigore) e nel quarti di finale ha vinto 2-1 sul campo del Chieti neo promosso nella massima serie.
Più breve il cammino delle gialloblù di Longega che sono entrate nella competizione tricolore direttamente agli ottavi di finale dove si sono imposte 4-0 sul campo della Res Roma. Identico punteggio ottenuto anche nei quarti dove hanno superato il Fimauto Valpolicella nel derbissimo veronese.
Nell’altra semifinale si affrontano nell’acceso derby lombardo il deluso Mozzanica e le neo-campionesse d’Italia del Brescia. La finale è in programma domenica 12 giugno alle ore 17,00 a Firenze.
Il club scaligero in passato si è già appuntato per tre volte la coccarda tricolore sulle maglie. L’ultima finale disputata risale alla stagione 2012-2013 con le gialloblù che uscirono sconfitte 2-0 ad opera del Tavagnacco sul neutro di Forlì.
Soliti problemi di formazione per mister Longega che dovrà ancora rinunciare alle infortunate Ohrstrom, Gabbiadini, Salvai e Marconi. Il tecnico veronese potrebbe tenere precauzionalmente in panchina la nazionale Marta Carissimi per ottenere un pieno recupero per l’eventuale finale. Le veronesi dovranno comunque mantenere alta la concentrazione contro una compagine di buon livello per centrare l’obiettivo della finale di Coppa Italia.
Ampia sintesi in TV martedì alle 22,20 su Telearena Sport
(canale 90 digitale terrestre per tutto il Veneto)
LE PROBABILI FORMAZIONI:
CASTELFRANCO: Baldi, Di Guglielmo, Maltomini, Varriale, Parrini, Ferrara, Prugna, Cinotti, Mastalli, Di Lupo, Borghesi.
Allenatore: Alessando Pistolesi
AGSM VERONA: Harrison, Belfanti, Di Criscio, Squizzato, Laterza, Ledri, Carissimi (Brutti), Fuselli, Nichele, Bonetti, Pirone.
Allenatore: Renato Longega
Arbitro: Luca Zucchetti di Foligno
Assistenti: Riccardo Corti e Francesco Boccolini di Pisa.
Women’s Champions League, soldi e tv. I motivi del successo “povero” del calcio femminile
“Abbagliante”. È così che L’Equipe ha titolato la prima pagina interamente dedicata all’Olimpique Lione femminile che si è aggiudicata la finale di Champions League di Reggio Emilia ai calci di rigore contro il Wolfsburg. Le transalpine hanno dominato per gran parte della partita, con un gioco spettacolare e con gesti tecnici di grande classe, soprattutto quelli del numero 10, la franco algerina Louisa Necib. Il quotidiano sportivo più autorevole di Francia festeggia così la terza coppa conquistata dall’OL, superando proprio le tedesche ferme a due. Il meglio del calcio femminile europeo (anche se il premio MVP se l’è aggiudicato la centrocampista giapponese Saki Kumagai): primo tempo perfetto, secondo evanescente, supplementari in ripresa e rigori decisivi, come nel 2011, quando dal dischetto il Giappone vinse il Mondiale contro gli Stati Uniti. Circa 18.000 gli spettatori allo stadio Città del Tricolore, grazie al coinvolgimento della città e al prezzo dei biglietti: 10 euro per le tribune, 7 per le curve, 8 e 5 se erano di gruppo. Assolutamente incomparabili con quelli della finale maschile, bagarinati last minute per 1.000 euro e oltre.
Di cosa parliamo, in termini numerici, quando parliamo di calcio femminile in Europa? Oltre un milione di giocatrici – sette Paesi ne hanno più di 60.000 (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Danimarca, Svezia) – ci sono più di 3.000 arbitri donna e più di 13.000 allenatrici, in 49 stati c’è un campionato e 50 hanno la rappresentativa nazionale, circa 2.000 le donne impiegate (29 per cento). Solo in tre squadre nazionali le atlete però vengono pagate, altre diciassette danno una diaria a partita, ben undici non coprono nemmeno le spese alle loro giocatrici. E la copertura mediatica? Solo in tre federazioni i campionati sono trasmessi da televisioni a pagamento, in trentasette gratuitamente e in otto non esiste copertura televisiva. In quelle più evolute la presenza media allo stadio è di circa 3.000 spettatori, si scende poi a 1.000 in Italia, Spagna, Portogallo, per esempio, mentre la maggioranza si avvicina ai numeri che ognuno di noi ha vissuto nel calcio dilettante. Il budget delle 54 federazioni è di 96.724.824 euro, di questo il 24,99 per cento è per le nazionali, il 20 circa per i settori giovanili e la crescita del movimento, solo il 13,26 per cento per i salari.
E l’Italia? Secondo il report dell’Uefa la federazione investe nel calcio femminile 3 milioni di euro, contro i 9 circa della Germania: “Ma ai club italiani non arriva niente”, dice al Foglio Milena Bertolini allenatrice del Brescia, fresco vincitore del campionato, e tra le più titolate del calcio femminile tricolore. “In Germania le squadre di serie A ricevono 800.000 euro di contributi e quelle di B 150.000, da noi nemmeno le briciole dei diritti televisivi. Il problema? La mentalità, non è cambiato niente da quando Guido Ara (mediano della Pro Vercelli nei primi anni del Novecento, ndr) diceva che il calcio non è sport per signorine e quindi il movimento non cresce”, sottolinea Milena, una delle artefici della finale di Reggio Emilia: “L’arbitro poteva non esserci e questo credo sia un messaggio potentissimo, che clima e che giornata magnifica. Ecco, spero che i nostri dirigenti abbiano compreso cos’è il calcio femminile ai massimi livelli e come si fa”. L’O. Lione, campione d’Europa, investe 4-5 milioni di euro l’anno (più di quello che si spende in Italia), contro i 500-600mila del Brescia, che si affida esclusivamente a sponsor privati.
La calciatrice che guadagna di più è la statunitense Alex Morgan, campionessa olimpica e del mondo che gioca per le Portland Thorns, con 450.000 dollari l’anno, che arrivano al milione grazie ai contratti con gli sponsor. Al secondo posto c’è la brasiliana Marta Vieira da Silva (Rosengard, Svezia) con 400.000 dollari, al terzo un’altra statunitense di origini canadesi, Sydney Leroux (Seattle Reign) con oltre 90.000. La collega di Nazionale Abby Wambach ne guadagnava 245.000 ma ha smesso di giocare nel 2014 e la bellissima, nonché ricercatissima dagli sponsor, Hope Solo (Seattle Reign) arriva appena a 65.000. La prima europea in questa speciale classifica è Nicole Banecki, tedesca di origini camerunensi, che milita nel Friburgo e che ha uno stipendio di 90.000 dollari.
In queste ultime settimane, negli Stati Uniti, si è aperto un aspro dibattito fra calciatrici e federazione sugli stipendi, molto diversi tra uomini e donne, una disuguaglianza che non trova nessun appiglio tantomeno nei risultati sportivi, dove quest’ultime sono nettamente più forti. “Anche sei i dati finanziari confermano che siamo la forza trainante del calcio statunitense la nostra proposta di compensi migliori è stata rigettata come non razionale e inaccettabile”, ha scritto la nazionale Carli Lloyd sul New York Times, annunciando battaglia e scatenando negli Usa una vera e propria guerra tra sessi, con il soccer a fare da cornice. Mentre in Italia Milena Bertolini (tra le altre cose curatrice del libro, riflessione, “Giocare con le tette”) spera che dopo lo spettacolo di Reggio Emilia non si spengano nuovamente i riflettori sul movimento. Molti uomini ritengono che il paragone sia improponibile e sicuramente siamo presi alla sprovvista da questa richiesta di spazio e attenzione, ma nella finale di Champions abbiamo visto gioco, forza, agonismo, qualità (tanta qualità) che non potranno essere sottaciute a lungo e che forse valgono la pena di essere raccontate, magari senza ripetere gli errori che hanno portato all’attuale narrativa del calcio maschile: isterica.
Tutto in novanta minuti
Ci siamo. Oggi sul campo di via Aldo Moro va in scena Mozzanica-Brescia, atto terzo. Thriller mozzafiato, vietato ai deboli di cuore. Milena Bertolini e le sue arrivano a Mozzanica fresche del secondo scudetto, ma chi spera in una squadra dalla pancia piena non ha forse ben capito cosa sia un derby tra rondinelle e bergamasche, specialmente se in palio c’è una finale di coppa Italia. Le campionesse d’Italia ardono dalla voglia di fare un dispetto alle biancocelesti e vendicare quel 4-0 caricato sul groppone alla quarta di campionato. Ma dall’altra parte c’è invece una squadra che delusa dal finale storto di questo torneo ha un solo imperativo: vincere! Vincere per riscattare le amarezze recenti, vincere per dare un senso a questa stagione, vincere per dimostrare che il Mozzanica non è quello visto a Bolzano e con il San Zaccaria, ma quello ammirato per tutto l’arco della stagione fino a cinque giornate dal termine.
“Le ragazze sanno che sabato non c’è una partita, c’è LA partita. Una gara che può raddrizzare una stagione, positiva per sette mesi e purtroppo scivolata dalle mani in meno di tre settimane. La differenza in campo la faranno la voglia di vincere, di sacrificarsi e superare le difficoltà. Ci stiamo preparando bene, come abbiamo sempre fatto anche per gli altri impegni, consapevoli della forza dell’avversario che andiamo ad affrontare.” Nazzarena Grilli non si nasconde e in sunto così si è espressa sul derby di coppa.
La partita è in pratica un revival della sfida dell’anno scorso, quando di questo periodo le due squadre si affrontarono sempre per la semifinale di coppa Italia. In quell’occasione si giocò sul campo amico delle rondinelle e il risultato fu impietoso: 5-0 per la ciurma di Milena Bertolini. Ovviamente i tifosi biancocelesti si augurano che la storia sia diversa questa volta. Mister Grilli non dovrebbe stravolgere nulla nello scacchiere orobico. Vista la sicura assenza di Rizza e Mason, il Mozzanica dovrebbe scendere in campo con le stesse undici di partenza di Roma. L’altra semifinale vedrà opporsi il Castelfranco, fresca vincitrice del proprio girone di B e quindi prossima partecipante al massimo campionato, e il Verona di Renato Longega. Le gare saranno giocate oggi alle ore 16.00. In caso di parità al termine dei novanta minuti si procederà direttamente all’esecuzione dei calci di rigore.
Probabili formazioni:
MOZZANICA (4-3-3): GRITTI; ZANOLETTI, SCHIAVI, LOCATELLI, BARTOLI; SCARPELLINI, STRACCHI, GALLI; IANNELLA, GIACINTI, GIUGLIANO. All. Nazzarena Grilli.
BRESCIA (3-4-1-2): MARCHITELLI; GAMA, D’ADDA, LINARI; BONANSEA, ROSUCCI, CERNOIA, WILLIAMS; GIRELLI; SABATINO, TARENZI. All. Milena Bertolini.
Arbitro: Massimo Lombardelli di Torino; Assistenti: Boggiani e Rainieri di Monza.














