Il Brescia Calcio Femminile, dopo la sosta forzata di cinque giorni fa a causa del rinvio della partita col Como, si appresta a tornare in campo domenica per la 24a giornata di campionato col Pontedera, in quello che sarà un match importantissimo per restare in Serie B. Domenica sarà anche la prima partita di Clara Gorno, che dalla settimana scorsa occupa la presidenza della società biancoblù, succedendo così all’ex patron delle Leonesse Giuseppe Cesari.
La nostra Redazione ha raggiunto la presidentessa ai nostri microfoni per parlare dei progetti sul BCF che verrà.

Clara si presenti ai lettori di Calcio Femminile Italiano.
«Sono Clara Gorno, bresciana, 40 anni. Sono una giovane imprenditrice con una formazione da psicomotricista. Nel corso degli anni ho vissuto numerose esperienze all’interno di Ong in Paesi in via di sviluppo, nei quali mi sono avvicinata e appassionata ai bisogni dei più deboli: bambini e donne soprattutto che non hanno alcun diritto costituzionale».

Che vuol dire per lei assumere la presidenza del Brescia Calcio Femminile?
«Si tratta prima di tutto di un grande onore, perché parliamo di una delle società più importanti di tutto lo sport bresciano, e che ha portato in alto a livello nazionale e anche in Europa i colori della nostra città; e di una grande responsabilità perché prendo le redini della società da un uomo, Giuseppe Cesari, che non faccio fatica a definire “stoico”, un vero e proprio pioniere di questo sport. È una responsabilità che, dal punto di vista sportivo, mi vedrà impegnata a tempo pieno per riportare questa squadra dove merita. Sono inoltre molto entusiasta di iniziare questa nuova esperienza».

Perché ha deciso di entrare in una società di calcio femminile?
«Perché credo che ognuno di noi ha il compito di rendere un po’ migliore il mondo che ha trovato. Quando ho scoperto, qualche anno fa, che le giocatrici italiane non sono professioniste e quindi non hanno nessun tipo di tutela, sono rimasta sgomenta. Ho due figli, una femmina ed un maschio: oggi Enea sarebbe calciatore professionista mentre Emma calciatrice dilettante; stessa mansione ma con diversi diritti e tutele. Questo lo trovo aberrante. Mi piacerebbe combattere la disparità di genere nello sport attraverso lo sport e il calcio. Ovviamente il Brescia Calcio Femminile fa parte di questa categoria e quando lessi un’intervista di Giuseppe Cesari nella quale affermava che stava cercando acquirenti perché era stanco di chiedere aiuti al territorio, a gennaio l’ho contattato e gli ho proposto di comprarla, così abbiamo iniziato a parlare e a conoscerci. Credo che lui avesse bisogno di tempo per capire se poteva cedermi e affidarmi la società, quella “creatura” che fondò 36 anni fa».

Che consigli le ha dato il suo predecessore Giuseppe Cesari?
«Gli ho chiesto di accettare la carica di presidente onorario: per rendergli omaggio perché mi sembrava doveroso nei suoi confronti e verso la sua impresa epica, ma anche perché ho bisogno di imparare dai migliori e credo che il sig. Cesari sia un’icona del calcio femminile italiano. Ad oggi il consiglio più importante è la sua presenza ed il suo esempio, il permettermi di carpire i suoi preziosi segreti, a volte le parole sono superflue, mi piace il suo essere pragmatico».

Per chi non lo sapesse suo marito è Marco Zambelli, ex bandiera del Brescia maschile. Quale sarà l’apporto che darà Marco nel corso della sua presidenza?
«Mio marito Marco è stato fondamentale perché ha supportato questa mia idea. Quando gli raccontai cosa avevo in mente di fare, mi guardò e mi disse: “Ciò che credi diventa, chiamalo subito”. L’operazione, dal punto di vista delle trattative con Giuseppe Cesari e dal punto di vista economico è stata tutta a mio carico personalmente. Non dovrei nemmeno precisarlo, ma alcune persone si congratulano con lui nonostante ci sia il mio nome. Sicuramente l’esperienza da calciatore, ma anche quella che sta facendo ora a livello manageriale, sarà preziosa: gli ho chiesto di entrare a far parte del CdA che sarà formato al termine dell’attuale stagione sportiva e lui ha accettato con molto entusiasmo, crede fortemente alla parità di genere».

Ha già incontrato la squadra? Come le ha trovate?
«Le ho incontrate nei giorni successivi alla mia ufficializzazione come nuova presidente; ho trovato un gruppo di giovani donne determinate, unite, con uno sconfinato amore per lo sport e per la maglia che indossano. Hanno tutte la mia stima, sono giovani donne che si allenano di sera dopo il loro vero lavoro, cioè quello che permette loro di vivere. Il mio impegno maggiore sarà proprio verso loro. Sono fiera e orgogliosa di essere la loro prima tifosa».

Quali sono i progetti che ha in mente per il Brescia Calcio Femminile a lungo termine?
«Quello più importante è riportare la squadra dove merita, sui palcoscenici che l’hanno incoronata come una delle più vincenti e apprezzate in Italia e ammirata anche in Europa. Oltre a questo, per me è importante anche la territorialità: parte fondante del mio progetto sono le affiliazioni con le società sportive della provincia bresciana, che potranno permettere a tante bambine di cominciare a coltivare la loro passione, e perché no, anche a noi di scoprire qualche nuovo talento da inserire nelle nostre formazioni giovanili. C’è poi la volontà, grazie alla partnership con l’Ospitaletto Calcio e il Rodengo Saiano, di rendere il Centro Sportivo di Rodengo Saiano la “Casa del Brescia Calcio Femminile”: la sede, in termini ufficiali, a breve sarà spostata già lì; poi il campo secondario in terra battuta sarà trasformato in sintetico per permettere alle ragazze di allenarsi durante la settimana».

L’obiettivo però adesso è la permanenza in Serie B, e la sfida di domenica col Pontedera è già decisiva.
«Ci aspettano quattro finali. Quattro partite da giocare con coraggio, intensità, passione e concentrazione. Insomma, quattro partite nelle quali serve lo spirito delle Leonesse. Sarà una gara importante, contro una squadra che ci terrà a fare bella figura e che non lascerà niente sul campo come abbiamo visto domenica scorsa contro il Pomigliano. Ma sono certa che le nostre ragazze sapranno farsi valere».

Parlando del calcio femminile italiano, secondo lei sta crescendo nella maniera corretta?
«Si è sentito molto parlare di “piramide del calcio” in queste ultime settimane dopo l’annuncio della creazione della Superlega. Ecco, il calcio è una piramide alla cui base però c’è lo sport dilettantistico, le società di puro settore giovanile, cioè quelle che insistono sul territorio, che accolgono i ragazzi e danno loro un punto di riferimento. Spesso “togliendoli dalla strada” e dando loro una prospettiva, un motivo di impegno e di passione. La punta della piramide è il calcio dei grandi eventi, dei grandi giri d’affari, degli stipendi faraonici. E rappresenta forse l’1% del totale in termini puramente numerici di praticanti. Nella “piccola” piramide del calcio femminile, per andare alla ricerca spasmodica del “risultato” in termini di visibilità dei campionati nazionali di riferimento e risultati delle rappresentative nazionali, non si deve perdere di vista il fatto che la base va alimentata, e pesantemente anche: i nostri numeri delle praticanti, rispetto a nazioni come Francia, Germania e Inghilterra, sono molto inferiori. Quindi va bene incentivare e “spingere” la Serie A e le partite della Nazionale, ma la Federazione deve aiutare, promuovere e sostenere l’attività delle società dilettantistiche, il vero motore del calcio italiano. Femminile o maschile che sia. Credo che non sia ancora possibile dire se il movimento calcistico femminile italiano stia crescendo in maniera corretta perché è una crescita relativamente “giovane” nel tempo. I numeri ci stanno dicendo che le praticanti aumentano, però è un trend che va mantenuto e soprattutto andrà tenuto sotto controllo il tasso di dispersione di queste ragazze che iniziano a giocare e che poi per diversi motivi smettono».

Quanto sarà importante il passaggio al professionismo anche nello sport femminile?
«Sarà molto importante, prima di tutto perché finalmente si sana una situazione che non era più accettabile. Per me è inconcepibile che un ragazzo possa avere delle tutele garantite da un regolare contratto di lavoro e una ragazza no. Ora finalmente il Legislatore ha posto rimedio dopo una discussione che andava avanti da decenni (la legge 91/81 ha compiuto quarant’anni proprio quest’anno, ndr) e che non si era mai riusciti a risolvere. Naturalmente è il primo passo, doveroso, di un percorso ancora molto lungo: saranno necessari fondi e risorse da mettere a disposizione dello sviluppo dello sport al femminile, ancora molto penalizzato rispetto a quello maschile. Nel calcio in particolar modo, perché oltre ai problemi di cui sopra c’è anche da superare la barriera del pregiudizio. Anche se va detto che la Figc ha messo in campo negli ultimi anni diverse strategie, sia sotto il punto di vista della promozione che del sostegno economico alle società specialmente in questo periodo di pandemia particolarmente gravoso: è sicuramente un inizio positivo al quale dovrà esserci necessariamente un seguito ancora più incisivo».

Ultima domanda: domenica sarà presente a vedere le sue Leonesse?
«Certamente sì, in realtà è da febbraio che non mi perdo una partita in casa».

La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia l’Acf Brescia Calcio Femminile e la Presidentessa Clara Gorno per la disponibilità.

Photo Credit: Brescia Calcio Femminile

Elia Soregaroli
Nato il 12 luglio del 1988 a Cremona, Elia ha sempre avuto una grande passione per il mondo del giornalismo, in particolar modo a quello sportivo. Ha tre esperienze lavorative in questo settore, IamCalcio, ManerbioWeek e BresciaOggi, un workshop con l'emittente televisiva Sportitalia, e uno stage curricolare con il Giornale di Brescia. Si avvicina al calcio femminile nel 2013 grazie ai risultati e al percorso del Brescia CF e da allora ha cominciato ad occuparsi anche del movimento in rosa.