Lì, in mezzo al campo, a giocarsi una Coppa Italia che per la verde età poteva risultare una chimera, c’erano tutta la spavalderia, la spregiudicatezza e la pura classe di una ’00 già abituata alla ribalta nelle grandi competizioni.
Veli, uno-due, doppi passi, fine regia sul breve e sul corto, non vi sono state differenze per Angelica Soffia… Tra Rosucci e Mele, come emerso davanti ad un pubblico esigente e voglioso di spettacolo, ha illuminato.
Ma la sua storia certo non è iniziata domenica, in un centro federale “Bozzi” gremito, e nemmeno in una competizione tricolore, che, come sappiamo, è palcoscenico delle “baby”, bensì ha preso forma in una stagione veronese da urlo: con la primavera tenore di mediana, fulcro di un gioco che ha permesso alle giallo-blu di approdare alla fase nazionale, aggregata alla prima squadra gare di assoluto spessore ed apporto, condite da una rincorsa Champions League centrata ed ancora ardente negli animi veneti.
Insieme a Nichele e Pasini ha imposto la forza e l’audacia del talento che verrà, in una Serie A mai come nella stagione 2015/2016 così combattuta, in bilico ed incerta, una grinta che “La Giovane Italia” aveva già evidenziato in estate, in un proprio almanacco registrante a pagina trentaquattro il nome “Angelica Soffia”.
Valorizzata dal proprio tecnico Renato Longega, in una piazza storica e pluridecorata, ha saputo mettersi in risalto anche in azzurro, interpretando ed intessendo sviluppi di gioco affianco all’altro talento cristallino del nostro calcio Giada Greggi, centrocampista classe ’00 della Res Roma, dettando legge in campo europeo, con la Nazionale Under 17 del CT Rita Guarino.
Attualmente in corsa per lo Scudetto Primavera , la numero sedici dell’Arena ha spianata davanti a sé una strada che potrebbe portarla al tricolore di categoria, calando il sipario su di una stagione che l’ha vista trionfalmente debuttare ed aspettando una prossima annata che si riaprirà come si è chiusa la corrente: con Verona-Brescia, valevole, nel suddetto caso, per la Supercoppa Italiana 2016.

Articolo di Mattia Martini.