All’interno della scuola primaria Dall’Oca Bianca dell’IC06 di Verona la Signora Leta si occupa di organizzare tutte le attività sportive. Nel plesso di suo interesse il tasso d’utenza straniero è alto, proprio per questo ha voluto applicare un progetto come quello proposto da Verona Women durante l’anno scolastico ormai agli sgoccioli. Non solo per il coinvolgimento e l’educazione dei ragazzi, ma anche per permettere loro di esprimersi al meglio, con la consapevolezza, tramite il feedback finale, che si può vincere ma anche perdere.

“L’interesse della Società nel rapporto con le scuole nasce da due obiettivi – premette subito Renato Donati, responsabile del progetto per Verona Women – quello di far conoscere il calcio femminile e quello di proporre un’attività motoria adeguata all’età di riferimento, che possa portare le bambine a praticare questo sport. La Società ha sempre creduto nel vivaio giovanile, tante nostre giocatrici sono arrivate a giocare nella Nazionale Italiana passando per la Serie A e partendo con noi dall’età di cinque o sei anni, per cui noi crediamo nell’approccio allo sport fin da bambini. Dunque il nostro partner ideale è la scuola, per questo interveniamo soprattutto nella scuola primaria”.

“Per me e per le giocatrici è stato molto positivo. La parte bella di questo progetto è anche portare ragazze che fanno sport a livello professionistico a contatto con i bambini. Alcune di loro avevano già esperienza sull’età d’appartenenza e altre no. È bello portare queste giocatrici piene di buona volontà e di gioventù a contatto con questi bambini che, una volta conosciute, le vedono e le percepiscono come degli idoli dello sport, ma nello stesso tempo colmano quella distanza che c’è con lo sportivo tradizionale che si vede in TV e imparano ad apprezzarle come delle amiche. Da questo punto di vista le stesse ragazze rimangono stupite dall’affetto che ricevono in forma di disegni, di stima, di apprezzamento. Anche perché poi il progetto prevede per le classi un invito allo stadio per assistere a una partita e la possibilità di accompagnare le giocatrici in campo, quindi in questi casi è apoteosi di foto e autografi. È un bel modo di avvicinare lo sport al mondo reale, perché purtroppo molte volte i bambini vedono lo sport e lo sportivo solo in TV, come qualcosa di inarrivabile, a noi piace invece far capire che l’attività è molto vicina, un’attività capace di educare e formare la persona”.

Signora Leta, perché il progetto è stato accolto dalla vostra scuola?
“Io ci tenevo a fare una premessa: la nostra scuola e il nostro plesso hanno una realtà socio-culturale molto variegata, quindi lo sport, a mio avviso elemento principe nella formazione didattica di ciascun alunno, assume una rilevanza importante perché diventa elemento fondante e di consolidazione, unione e condivisione. Abbiamo scelto questo progetto perché in realtà parte da un incontro iniziale di verifica tra quelli che sono gli esperti, che vengono a fornirci il loro supporto, e i docenti. Queste realtà vengono avvicinate e diventano un continuum. Io credo fortemente nell’importanza dello sport perché qualunque sia il percorso dell’età evolutiva a partire dalla prima classe i bambini spesso vivono lo sport come elemento esterno rispetto alla scuola. Io invece penso che, introducendolo all’interno, come attività uguale a tutte le altre, possa diventare uno strumento trasversale di apprendimento. All’interno dell’attività sportiva noi possiamo farne confluire tantissime altre didattiche: la percezione di sé, del proprio corpo, la spazialità. Intervengono tutte le discipline e i bambini, diventando così autonomi, accrescono il loro livello di autostima e soprattutto, quello che mi è piaciuto molto riscontrare in quest’esperienza, le diverse realtà socio-culturali e ambientali i bambini hanno trovato un collante. Hanno potuto comunicare facendo uscire la propria espressività, non solo corporea o comportamentale, ma anche emotiva. Per questo ho deciso di aderire al progetto”.

Qual’è stata la reazione di bambini e bambine?
“Tutti gli alunni, anche grazie alla disponibilità e all’impegno delle calciatrici, hanno manifestato una partecipazione attiva fortemente voluta e hanno vissuto lo sport a scuola come una disciplina uguale alle altre e ovviamente molto più coinvolgente. Il feedback a scuola è stato assolutamente positivo, poi la conclusione e l’ingresso in campo dei bambini e delle bambine li ha fatti sentire protagonisti all’interno di un gruppo: questo è l’obiettivo della scuola”.

Si aspettava una risposta così positiva?
Per quanto riguarda i bambini mi aspettavo un risultato positivo, ma molte volte la restituzione alle famiglie non ha lo stesso effetto. Invece in questo caso anche le famiglie hanno avuto modo di partecipare perché con l’evento finale sono stati invitati anche i genitori e si sono potuti rendere conto dell’attività. È stata una sorta di attività d’istituto, i bambini hanno portato a casa le emozioni e le sensazioni assieme ai genitori”.

Durante questa stagione siamo stati accusati di essere troppo straniere: com’è stato avvertito questo aspetto nella vostra scuola?
“Avere a che fare anche con calciatrici provenienti da realtà estere ha permesso ad alcuni di vedere se stessi e la propria cultura, ma nello stesso tempo ha aiutato a cimentare il rapporto di gruppo. I bambini grazie a questo hanno tirato fuori il meglio”. 

Un modo per insegnare ai più piccoli che ci sono passioni che vanno coltivate, che sognare non è sbagliato, ma che la scuola prima di tutto è importante. Così, dice il referente Donati “i bambini vedono le ragazze con cui aveva parlato proprio ieri sul nostro sito, le vedono in TV attraverso gli spezzoni di partita che gli mostriamo. Le ritrovano sul campo da gioco e capiscono che sono le stesse che erano a scuola. Le barriere vengono abbattute attraverso l’incontro”.

“A scuola parliamo sempre di obiettivi, che si raggiungono attraverso competenze. Per questo cresce il sogno di diventare uno sportivo, va coltivato come qualsiasi altro sogno con atteggiamento corretto, rispetto per l’altro” e con quella cultura cultura dell’errore su cui si vuole soffermare Donati: solo tramite questo i bambini imparano a sfruttare e mettere a servizio degli altri le proprie eccellenze ma anche a superare i propri limiti. 

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