In occasione del lancio del nuovo short form di Juventus Creator Lab dal titolo “A life in a day: la storia di Cecilia Salvai”, la campionessa delle Juventus Women ha trascorso il pomeriggio a chiacchierare e a raccontarsi su Twitch.

Un modo diverso per festeggiare la Supercoppa Italiana femminile conquistata lo scorso weekend e per parlare del documentario a lei dedicato e della malattia che ha dovuto affrontare da piccola, provando a essere di ispirazione per chi affronta oggi quelle stesse difficoltà.

LA VITTORIA IN SUPERCOPPA ITALIANA

«Domenica già prima della finale di Supercoppa Italiana femminile avevo ottime sensazioni sin dal riscaldamento: ho visto le mie compagne pronte a scendere in campo e la partita è stata la conferma. Avevamo preparato bene una gara importantissima e siamo felici di aver iniziato l’anno con un trofeo. Una coppa non scontata, la prima in questa stagione che ti fa continuare l’annata con un entusiasmo diverso – ne avevamo bisogno anche per il morale, oltre al fatto che per noi è doveroso puntare sempre a vincere. Siamo felici, soprattutto per chi è qui come me da tanti anni. Io sono a quota 12 trofei con la Juventus e sono veramente tanti, ma mai abbastanza. Bisogna continuare su questa strada e mantenere viva la tradizione. Andare allo Juventus Museum è una tappa doverosa ogni anno, perché ti fa capire cosa rappresenti e quale maglia stai portando in giro quando scendi in campo. Le emozioni ogni volta che vinci sono forti e speciali».

“A LIFE IN A DAY: LA STORIA DI CECILIA SALVAI”

«È stata una bella occasione poter raccontare la mia storia, far conoscere una parte di me che in molti non avevano mai visto. Come mi stanno scrivendo già in diversi messaggi, spero di essere da esempio o di ispirazione a persone che vivono momenti complicati – a volte per chi è in difficoltà anche solo sentire raccontare storie del genere può essere d’aiuto. Per la prima volta in vita mia avevo le telecamere in casa, anche quella è stata un’esperienza diversa per me, per mio marito e mia madre – in ansia per settimane, ma è stata bravissima. La tenacia mi è cresciuta dentro, ognuno ha delle caratteristiche che vengono fuori nel momento del bisogno: a me è servita presto e per questo l’ho sviluppata e me la porto dietro da tanto tempo, è una bella caratteristica. In campo è qualcosa che serve, così è più facile affrontare le sfide quotidiane».

COME È INIZIATA CON IL CALCIO E GLI INFORTUNI

«Dico sempre che ho iniziato a giocare grazie a mio cugino, che è poco più grande di me. Stavamo spesso insieme e giocavamo insieme, da piccolina mi piacevano le cose dei maschi e non quelle delle femminucce. Andavo a vederlo giocare a scuola calcio e un giorno un giovane allenatore disse a mia madre di farmi provare a scendere in campo: da lì è partito tutto e non mi sono più fermata e lo ringrazio ancora».

«Appena ci si fa male è un insieme di emozioni complicate da gestire: io ho avuto due infortuni diversi, la prima volta ero allo stadio, circondata dall’affetto dei tifosi che mi diede supporto in quella fase iniziale. Per andare avanti ci vuole forza di volontà e pazienza, quando viene meno la routine quotidiana dell’allenamento e dello spogliatoio è durissima, non voglio negarlo. A quel punto o scegli di mollare oppure sai che devi tornare, ma lo fai soltanto se continui a crederci. Anche i miglioramenti sono a lungo termine, quindi non puoi scoraggiarti e i progressi si misurano ogni mese e non ogni giorno. Mentalmente il secondo infortunio è peggio perché sai già quello che ti aspetta, a me è successo a neanche tre anni di distanza e quindi mi è sembrato di tornare indietro. A una mia compagna dopo il primo infortunio dissi: “Se dovesse succedere di nuovo, non ho più voglia di riaffrontare tutto”, ma poi in realtà ho deciso di rimettermi a lavoro per essere di nuovo in campo».

COME SEMPRE NON VI RACCONTIAMO TUTTO… **RIVIVI LA DIRETTA DI SALVAI SU TWITCH**!