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Distanti ma… comunicanti: a casa di Stefania Zanoletti

Noi #RestiamoACasa, ma le rubriche di Hellas Verona Channel non si fermano. Perché comunicare, parlare e ascoltare, in un momento come questo dove le relazioni umane sono fisicamente ridotte al minimo, è socialmente utile.

Docente e calciatrice, Stefania Zanoletti è l’insegnante fra i difensori centrali dell’Hellas Verona, a cui è arrivata dopo una carriera che l’ha portata a vestire diverse maglie, comprese quelle prestigiose di Bardolino e Brescia. Cultrice della vita di spogliatoio, è tra i difensori più apprezzati della Serie A e importante membro della squadra gialloblù. In questo periodo, che in realtà l’ha sempre tenuta impegnata tra allenamenti e scuola online, Stefania si è raccontata ospitandoci, virtualmente, in casa Zanoletti. È lei la nuova protagonista di Distanti ma… comunicanti!

Credit Photo: Hellas Verona Women

Ernesto Pitta, Bologna: “Necessario che venga sovvenzionato il calcio femminile a partire dalle categorie minori”

Il nostro viaggio all’interno del Bologna femminile prosegue e per discutere della stagione e delle prospettive della formazione femminile rossoblù. 1000 Cuori Rossoblu ha contattato Ernesto Pitta, Dirigente Responsabile della Prima Squadra.

Pitta, in passato già tecnico presso l’Ancora, dove ha avuto tramite Pietro Bosco, attuale presidente dell’ASD Bologna 1909, il primo contatto indiretto col calcio femminile, dal 2012 ha ricoperto la posizione di preparatore dei portieri della formazione rossoblù. Dal 2013 ricopre appunto il ruolo di Dirigente Responsabile della Prima Squadra.

Buongiorno Ernesto, inevitabile per cominciare l’intervista una domanda sull’attualità. Come sta vivendo la quarantena lei da dirigente sportivo? Siete fermi ormai dal 16 febbraio.
“Sì, ormai siamo fermi dal 16 febbraio. La vivo con un senso di rassegnazione, personalmente ho la convinzione che per quest’anno è finito tutto. Se si riprenderà, riprenderanno solo attività a livello nazionale, magari la Serie A e B maschile e femminile, ma ho i miei dubbi che dalla Serie C in giù sia possibile ripartire. Per il resto sento nostalgia, nostalgia della settimana in vista della partita della domenica, queste invece sembrano quelle giornate estive dove si legge solo del calciomercato sui giornali”.

Lei è il responsabile della Prima Squadra del Bologna Femminile, può raccontare un po’ qual è il suo ruolo in seno alla società?
“Oltre ad essere dirigente della società, sono appunto il Dirigente Responsabile Accompagnatore della Prima Squadra. Durante la settimana mi occupo dei vari aspetti dell’organizzazione della partita della domenica. Se si gioca in trasferta, si prepara la trasferta. Comunque si prepara la partita col resto del gruppo dirigente, anche perché farlo da solo sarebbe impossibile! A partire dal Presidente si lavora tutti assieme e si organizzano trasferimenti, eventuali soggiorni in trasferta e poi dal sabato si prepara tutto il materiale tecnico per la partita. Insomma, si fa anche il lavoro del magazziniere. Poi la domenica c’è la partita: si accoglie la terna arbitrale, si prepara la distinta di gara, in campo aiuto l’allenatore con la segnalazione delle sostituzioni e prendo nota degli eventi della gara per tenere un archivio delle nostre partite, fornire i dati necessari all’allenatore e fornire il tabellino agli organi stampa”.

Insomma, fa anche l’Addetto Stampa?
“Sì, d’altronde non siamo una società molto grande. C’è il Presidente (Pietro Bosco, ndr), il vice Presidente Roberto Tedeschi, che è anche il responsabile dell’area informatica della società, poi ci sono io e altre due persone, due signore, che lavorano a stretto contatto col gruppo-squadra. Il loro è ruolo più importante perché ci aiutano nella comunicazione con le ragazze, hanno il “termometro” dell’umore delle ragazze e le accudiscono come delle figlie o delle nipoti. Il loro è sicuramente il lavoro più importante”.

Come ha cominciato a fare questa attività da dirigente all’interno del Bologna femminile?
“Ho fatto come tanti la solita trafila delle serie minori. Ho giocato a calcio come portiere, poi sono passato alla panchina. Ho allenato per tanti anni in società di calcio maschile sia a livello di settore giovanile, che di prima squadra. Tra queste ho allenato l’Ancora, una società di Bologna che ora non esiste più, con cui ho vinto anche un campionato provinciale. Lì, tramite il nostro attuale Presidente, avevo già avuto un contatto col calcio femminile, che si occupava del femminile all’Ancora. Dopo aver lasciato l’attività in panchina, sono stato fermo oltre un anno, poi una mattina ho incontrato il Presidente e lui mi ha coinvolto nel Bologna femminile, prima come preparatore dei portieri per uno o due anni e poi dietro la scrivania, un ruolo più comodo, fisicamente meno impegnativo ma certo mi tiene occupato in altro modo!”

Venendo alla squadra e guardando alla stagione disputata fino allo stop. Avete cominciato male il campionato con una serie di sconfitte e poi vi siete ripresi fino a fare 11 punti in 10 partite.
“All’inizio del campionato io non avevo messo in conto di fare questi 11 punti! Avevo preventivato molti meno punti, perché noi siamo sostanzialmente una squadra giovanissima, la squadra più giovane di tutti i campionati. Sei o sette undicesimi della squadra provengono dalla formazione primavera. Abbiamo puntato su ragazze giovani, senza nessuna esperienza nella Serie C, per fare il grande salto tra uno o due anni.
La decisione è stata frutto di un discorso fatto con l’AD del Bologna, Claudio Fenucci. Abbiamo pensato di non fare ciò che hanno fatto alcune grandi squadre come Juventus, Milan, Fiorentina, Roma che hanno acquisito il titolo sportivo di altre società e si sono trovate direttamente in Serie A. Avremmo potuto fare la stessa cosa, ma abbiamo preferito percorrere questa strada, facendo l’investimento sulle nostre atlete più giovani, e a loro abbiamo affiancato le ragazze più anziane, che poi anziane non sono perché hanno 23, 24, 25 anni! Sono comunque le ragazze che stanno aiutando le più giovani a crescere.
Io pensavo, a torto, che l’impatto con la Serie C sarebbe stato durissimo soprattutto anche visti i risultati delle prime partite. Tuttavia, vedevo che le ragazze, anche all’interno delle sconfitte iniziali, giocavano e lo facevano con grinta e determinazione, quindi quelle sconfitte erano perlopiù determinate da episodi, solo una o due sono state sconfitte meritate.
In questo c’è stato il grande lavoro dell’allenatore, che ha creduto e lavorato tanto su queste ragazze. A lui e alle ragazze possiamo solo dire grazie perché stanno facendo qualcosa di importante. Ragazze di 16, 17, 18 anni si sono trovate squadre che avevano anche calciatrici che hanno giocato in Serie A, hanno lottato, hanno resistito, poi magari alla fine perdi per mancanza di esperienza, di cattiveria sportive, ma bene o male stiamo costruendo qualcosa di importante. Tutto questo al netto delle sfortune, come l’infortunio della Mastrovincenzo, una delle chiocce del gruppo che si è infortunata subito ad inizio campionato, e Martina Marcanti che è appena rientrata dopo oltre un anno di stop”.

Rispetto all’anno scorso dunque c’è stato un cambiamento di progetto. L’anno scorso puntavate ad obiettivi più importanti rispetto a questa stagione.
“Sì, l’anno scorso puntavamo a qualcosa di più importante e c’è stata un po’ di delusione perché le cose non sono andate come desideravamo. Quest’anno è stato deciso di fare questo progetto, anche su input del Bologna. Abbiamo parlato con Fenucci, ci siamo trovati d’accordo su questo tipo di lavoro. Il bilancio, a prescindere dalla conclusione o meno della stagione, è comunque positivo e l’anno prossimo cercheremo di fare un passo avanti. Il sogno è quello di arrivare in Serie A con le nostre forze. Se poi le situazioni e le condizioni del calcio femminile in Italia ci obbligheranno in qualche maniera o metteranno nella posizione di arrivare in Serie A in un’altra maniera, ci adegueremo. Per il momento stiamo facendo più di quello che avevamo preventivato”.

In parte ha già risposto alla mia successiva domanda, sulle prospettive future del Bologna femminile e il sogno che custodite nel cassetto, ma voi ora vi trovate in Serie C per una vicenda particolare.
“Certo, il sogno è quello di arrivare in Serie A e noi ora ci troviamo in Serie C per colpa della riforma del campionato, perché effettivamente noi non siamo mai retrocessi dalla Serie B. Nella stagione 2017/18, le prime dei gironi della Serie B sono state promosse in Serie A, la seconda e la terza sarebbero rimaste in B, tutte le altre avrebbero poi partecipato al campionato di Serie C. Ci siamo trovati in questa situazione e abbiamo puntato su queste ragazze giovani che in prospettiva sono fortissime”.

Che cosa vede lei all’orizzonte per il futuro del calcio femminile in Italia?
“La riforma dei campionati che è stata fatta non ha accontentato molte società, qualcuna è anche scomparsa. Si dovrebbe avere un occhio di riguardo per le categorie inferiori che sono il serbatoio del movimento, bisogna curare i vivai e per farlo ci vogliono degli investimenti. Sarebbe necessario che venisse sovvenzionato il calcio femminile a partire dalle categorie minori, perché per arrivare in alto bisogna partire dal basso. Ogni casa ha bisogno di fondamenta forti.
Ricordo lo scorso anno l’entusiasmo e l’attenzione per i Mondiali, ogni giorno se ne parlava sui giornali e le televisioni, ma è finita lì. Bisogna sensibilizzare ad investire sul calcio femminile per attirare degli sponsor che possano dare la spinta a tutto il movimento”.

Megan Rapinoe come vice Presidente degli Stati Uniti?

La calciatrice americana Megan Rapinoe ha recentemente dichiarato durante un live Instagram la sua volontà di diventare vice Presidente degli Stati Uniti, a fianco del politico democratico Joe Biden.

“Non vorrei metterti in difficoltà, ma penso che posso giocare ancora a calcio e fare questo” ha affermato Rapinoe nella live con Joe Biden “Ma se avessi bisogno di un vice presidente, ti sto dicendo che sono disponibile per un colloquio. Possiamo parlare della logistica del tutto e dettagli. Mettilo nella lista”. Infine la calciatrice ha aggiunto: “Nessun fretta”.

Il tutto ovviamente avvenuto in maniera simpatica ed ironica.
Ma nella conversazione è intervenuta anche la moglie di Joe, Jill Biden che ha aggiunto che le piacerebbe vedere Rapinoe ricoprire quella carica!

Il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti d’America ha constatato che il ruolo di vice presuppone un taglio dello stipendio.
Ovvio riferimento a tutto quello che sta succedendo nel calcio femminile USA a causa delle differenze di stipendi tra uomini e donne. A riguardo il processo sull’Equal Pay avrebbe dovuto tenersi maggio, ma a causa del COVID-19 è stato posticipato al 16 giugno.

Credit Photo: Pagina Facebook di Megan Rapinoe

Elisa Bartoli, Roma: “Mi manca il giocare, questi colori, indossare la maglia, le mie compagne, entrare al Tre Fontane…”

Elisa Bartoli, difensore della AS Roma e della Nazionale Italiana Femminile, ha parlato su Sky Sport della sua quotidianità in questo periodo in attesa delle riapertura del campionato femminile:

Per te vedere le partite della Roma è sempre stato un momento particolare, quanto ti manca?
“Guardare la Roma mi manca, ma soprattutto quello che creano questi eventi, l’unione che si crea nelle persone, l’entusiasmo e la voglia di tifare tutti insieme. Soprattutto mi manca il giocare, questi colori, mi manca indossare la maglia, le mie compagne, entrare al Tre Fontane (stadio di casa ndr) con l’inno che ogni volta lo canto ed è una sensazione stupenda”. 

Hai mai pensato che non si possa finire il campionato? 
“Sì, in questi giorni ho pensato all’eventualità che non si riprenda il campionato, stiamo lottando una battaglia più grande e siamo uniti in questa emergenza. Mi manca tutto, l’adrenalina, mi manca il calore dei tifosi, delle compagne, dello staff, mi mancano gli abbracci, i sorrisi, le arrabbiature, mi manca tutto. La mia famiglia mi chiama ogni giorno chiedendomi se ci sono novità di rivederci in campo, perché li rendiamo proprio felici”. 

Credit Photo: Giancarlo Dalla Riva

Il Levante: orgoglio del calcio femminile valenciano

Il Levante Unión Deportiva è un club storico del calcio femminile spagnolo. Fondato nel 1998, ha preso le orme dal Sant Vicent València Club de Futbol fondato cinque anni prima.
Il Levante, nella sua storia sportiva, ha vinto quattro volte il titolo di Campione di Spagna, sei Coppe della Regina e due Supercoppe di Spagna, partecipando a diverse edizioni della Women’s Champions League.
Anche quest’anno il Levante è terzo in classifica con 45 punti dietro a Barcellona (59 punti) e Atletico Madrid (50 punti).  Abbiamo chiesto a Leticia Colomer, Responsabile del Turismo Valencia in Francia e Italia un giudizio sulla crescita del calcio femminile a Valencia e in Spagna.

Leticia, prevedi un’ulteriore crescita?
Il calcio femminile in Spagna è in continua crescita. A seguito dell’aumento dell’interesse, cresce anche il pubblico e le TV trasmettono sempre più partite di calcio femminile (Gol, Teledeporte, TV private). Perciò i brand Investono sempre più nel calcio femminile per l’aumento della visibilità. Infatti una delle squadre più importanti e più antiche in Spagna è il Levante UD femenino. Nacque assieme al VCF femenino nel 1998 ma il Levante ha sempre scommesso su questa squadra con grandi risultati: campionesse della Liga, della Coppa della Regina ecc.

Anche quest’anno le granotas stanno giocando un gran calcio allenate da Andrés Tudela con una difesa molto importante per la Nazionale Spagnola. Ivana Andrés, Ona Battle e Marta Corredera hanno partecipato alla She Believes Cup in cui la Roja è arrivata seconda dietro gli Stati Uniti battendo Nazionali molto importanti come Giappone (3-1) e Inghilterra (1-0).

Il futuro del calcio spagnolo passa sicuramente dal Levante, ringraziamo Leticia e consigliamo a tutti i nostri lettori e alle nostre lettrici un soggiorno a Valencia al caldo nelle grandi ed ospitali spiagge cittadine, mangiando un’ottima paella e sorseggiando la bevanda tipica, l’horchata, molto salutare e proteica per le sportive.
www.visitvalencia.com

Laura Fusetti, Milan: “Spero di restare al Milan a lungo”

Laura, esprima un altro desiderio.

«Tornare in campo. Tutti non vediamo l’ora di giocare, ovvio nel rispetto delle regole di sicurezza. Il momento è difficile, però c’è bisogno anche di riprendere a emozionarsi. Certo la salute è la priorità, convivere con il virus sarà complicato, ma così come si va a fare la spesa si deve fare anche altro. Dopo due mesi io il rischio me lo prendo. Non ci si può fermare davanti alle paure».

Di calcio femminile non si parla…
«Ora conta la ripresa della serie A maschile, giustamente, sono loro che portano i soldi allo Stato, e tanti… Noi però siamo pronte, appena ci dicono partite, partiamo».

Il Milan paga i contributi, Gazidis vi manda messaggi per mostrarvi che la società è vicina, un’isola felice in un momento così.
«Dal punto di vista economico siamo state fortunate, la società non ha toccato i nostri stipendi. Maldini, Gazidis sono sempre disponibili, tengono a noi come a tutte le categorie dei maschi. Spero di restare al Milan a lungo. Non amo cambiare perché la squadra per me diventa una seconda casa».

Lei, il virus e la quarantena.
«All’inizio capivo che era grave ma non che fosse così di massa. C’era il timore di contagiare ed essere contagiati. Mi lavavo mille volte le mani. Sono rimasta a Milano con sette compagne italiane e le straniere. Ci è andata bene, abbiamo un giardino dove correre e fare esercizi. A un chilometro vive mio fratello, ma non l’ho mai incontrato in questi mesi».

Cosa le manca di più?
«Le partite, che sono il momento di puro divertimento. E poi il ritiro pregara con la squadra».

La sua storia calcistica comincia banalmente dal fratello maggiore?
«No, Davide non poteva giocare da piccolo per via di un intervento a un piede. La “colpa” semmai è di mio padre, Patrizio, era un calciatore dilettante e la domenica andavo a vederlo giocare. Mentre faceva la doccia lo aspettavo in campo col pallone, e qualche suo compagno giocava con me. Così è iniziato».

Sua madre Gianpiera contenta?
«Non si è mai opposta. Era solo avvilita per tutte le lavatrici che doveva fare e per i calzettoni bucati da cucire. Certo avrebbe preferito che facessi pallavolo come lei».

E’ partita dall’oratorio, dai campi di terra e coi maschi, ha fatto la differenza nella sua crescita?
«Ho chiesto una squadra e c’era solo l’oratorio vicino a casa. Ora è più facile per una bambina fare questo sport, ci sono le scuole calcio e i genitori hanno la mente più aperta, sono stati abbattuti tanti tabù. Aver giocato coi maschi credo che abbia formato i piccoli pezzi del mio carattere: dovevo far capire che non mi potevano prendere in giro e soprattutto che avevano bisogno anche di me. Insomma, ti fai le ossa».

La sua famiglia la segue?
«Sempre. Papà è il mio primo tifoso. Da piccola sai le sgridate dopo le partite! E’ felice per me perché sono riuscita a fare del calcio un lavoro. Con Davide siamo molto legati, ha tre anni di più e stravede per me anche se non lo dice. Se ho bisogno c’è. E’ protettivo a volte anche troppo».

Il suo tempo libero nella normalità e nella clausura com’è?
«Di tempo libero ora ne ho troppo sinceramente e quindi, oltre alla lettura e in mancanza degli amici, mi sono messa in cucina. Le serie tv le ho finite tutte, ma ho rivisto Harry Potter e amo qualsiasi cosa della Disney. Le letture preferite sono di fantascienza, mi liberano dai pensieri. “I pilastri della terra” è il mio libro favorito. Potenzialmente sono una pantafolaia. Non sono da discoteca, ma da uscite tranquille, amo chiacchierare con gli amici e le passeggiate in montagna».

Nata centrocampista, finita difensore, quando ha capito che il calcio poteva essere un lavoro?
«In difesa, come mio padre, ci sono finita da qualche anno, anche per l’avanzare dell’età, sono vecchia! Il centrale è uno che deve farsi rispettare. Cattiva io? No, direi grintosa, determinata. Che i difensori menino è una favola, gli attaccanti sono peggio. Quando da Como sono passata al Brescia ho dovuto scegliere se fare calcio o lavorare. Mi ero laureata in Scienza e tecnologia della ristorazione e avevo già lavorato nel campo. Giocare nel Brescia però non era compatibile con una occupazione, ma era anche la mia occasione, quindi ho detto “provo”. I miei genitori mi hanno supportato in questa scelta. Il calcio è vita per una donna, non certo soldi».

Per quale squadra tifa?
«Da piccola per la Juve, nonostante mio padre sia interista. Ma ne ho fin sopra i capelli, vedo tutte le partite, per prendere spunto dagli uomini, gioco, di tifare non ho voglia. E’ chiaro che simpatizzo per il Milan. Il mio idolo è Puyol, uno che non mollava un colpo, ma tranquillo e diplomatico, il prototipo del difensore ideale. Tra le donne invece quando ero piccola mi impressionava D’Adda (difensore dell’Inter, Roberta, 38 anni, 4 tricolori, diversi titoli e 90 presenze in Nazionale, ndr). Ecco, se avessi dovuto scegliere chi voler essere avrei detto D’Adda».

Cosa è cambiato per voi calciatrici dopo i Mondiali dell’anno scorso?
«Tante persone si sono avvicinate al calcio femminile. Ci scrivono, ci fermano e chiedono autografi. Prima si giocava davanti ai genitori, ora abbiamo gli spalti pieni e i tifosi che alla fine della partita vogliono salutarti. Tutto questo però va coltivato, ci vuole tempo perché si radichi. Piano piano cerchiamo di fare innamorare sempre più gente».

In due stagioni di Milan dalla Morace a Ganz, meglio un uomo o una donna?
«Per me è indifferente: se uno è bravo e determinato insegna allo stesso modo, ogni tecnico dà qualcosa di sé. Ci ha dato tanto la Morace; e ci sta dando tanto Ganz a livello emotivo, è coinvolgente, si vede che gli piace allenarci. In questo periodo ci scrive, ci videochiama, ci manda sfide di palleggi. Una volta a settimana facciamo un meeting tutti assieme».

Ha compagne preferite?
«Vado d’accordo con tutte. Ma sono molto legata a Francesca Vitale, anche perché condividiamo la stanza in ritiro. In Nazionale stimo molto Valentina Cernoia, per me è un esempio da seguire. Mi manca Camelia Ceasar, abbiamo vissuto assieme a Brescia e a Milano, ora gioca nella Roma. Il calcio ti dà amicizie e rapporti che non finiscono: giocare contro le amiche è ancora più bello».

Ha un sogno piccolo? Uno che si può realizzare subito?
«Giocare in Champions: ci sono arrivata col Brescia e voglio tornarci col Milan».

A trent’anni si fa i conti col desiderio di famiglia?
«Con la vita che facciamo è difficile costruire legami duraturi. Ora sono single. Però alla famiglia penso. Mi piacerebbe dare quello che ho ricevuto come figlia dai miei genitori. La famiglia è condivisione».

Niente tatuaggi e niente tacchi?
«Ai tatuaggi sto resistendo. Uno però mi piacerebbe farlo, ma visto che è per sempre ci devo riflettere molto, deve essere una cosa importante. In gonna e tacchi solo nelle grandi occasioni, altrimenti pantaloni e scarpe da ginnastica. Da piccola i tacchi li provavo davanti allo specchio».

Certo non esiste “l’Ufficio numeri” al Milan, abbiamo un po’ romanzato, però non è andata molto diversamente, vero?
«Ho sempre avuto il numero 6. Ci tenevo a mantenerlo. Due anni fa quando sono arrivata al Milan l’ho chiesto. Ma il sei era stato ritirato con il ritiro di Franco Baresi. Erano perplessi, ma invece di un no definitivo, hanno pensato di domandare il permesso direttamente al capitano. Permesso accordato e un onore per me, difensore come lui con la sua maglia. Una volta è venuto a vedere una partita, gli ho potuto dire “grazie”, solo questo, incapace di pronunciare altro per quanto sono timida e parlo poco. Lui pure, peggio di me… figuratevi il silenzio». Grazie, prego, fine.

Il Premier Conte: “ci confronteremo con tutti gli stakeholders del calcio. La ripresa è possibile”

Interviene il Premier Giuseppe Conte per gettare un po’ di acqua su un fuoco piuttosto divampato. Negli ultimi giorni il mondo del calcio e il Governo sono entrati in un conflitto piuttosto evidente. Con l’ingresso del Paese nella Fase 2, molti club hanno riaperto i centro sportivi per consentire agli atleti un ripresa degli allenamenti. Questo nonostante le evidenti proteste del Ministro Vincenzo Spadafora che ha chiesto di approvare prima un piano sicurezza. Tale protocollo, al momento, è in fase di stesura dal comitato tecnico-scientifico, ma intanto il mondo del calcio si sta portando avanti.

Data la situazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha deciso di affrontare l’argomento nel corso di un’intervista a “Il Fatto Quotidiano”. “Non ho ancora visionato il dossier, ma lo farò presto” ha asserito il Premier. In seguito Conte ha difeso l’operato del suo ministro finito nell’occhio del ciclone per via delle sue ultime discutibili dichiarazioni. Spadafora sta facendo un ottimo lavoro. Vedremo presto tutte le componenti del mondo calcistico assieme al comitato tecnico scientifico. Raccoglieremo le istanze della Federcalcio e delle altre federazioni per avere un quadro condiviso della ripresa delle attività sportive” ha concluso il Primo Ministro.

Le parole di Giuseppe Conte sono indirizzate verso un dialogo più fitto per garantire una ripresa dei campionati quanto prima. Nel frattempo però tutte le partite sono rinviate a data da destinarsi. La FIGC Femminile ha deciso di protrarre le misure del DPCM firmato dal Premier il 26 aprile nonostante il 4 maggio sia possibile effettuare attività all’aperto. Attualmente quindi la situazione del campionato femminile è in stand by. L’unica cosa da fare è continuare a seguire l’andamento della diatriba politica e sperare che sia riapra la possibilità del rientro in campo anche per le donne.

Inghilterra: i club ribadiscono il sostegno alle squadre femminili

Con la preoccupazione per l’impatto del coronavirus sul calcio femminile che si sta rafforzando, un certo numero di club della Premier League ha dichiarato il proprio impegno a garantire che le proprie squadre siano adeguatamente supportate in questi tempi senza precedenti.

La scorsa settimana, il Reading è stata la prima squadra di punta a farlo sapere ai propri giocatori, il che ha diviso l’opinione pubblica e ha spinto molti a chiedersi se altri club potrebbero intraprendere azioni simili a fronte di enormi perdite finanziarie.

AFC Fylde, che ha partecipato nel campionato di terza categoria femminile, è diventata la prima squadra femminile a scomparire e alcuni club premier hanno già annunciato perdite per milioni. World Players Union FIFPro ha anche sollevato preoccupazioni in aprile quando ha affermato che il calcio femminile sta affrontando “rischi concreti”.

Mentre si dice che la FA sia in procinto di fornire supporto alle squadre colpite, altre grandi squadre tra cui entrambe le squadre di Manchester, Tottenham, Liverpool e Chelsea hanno dichiarato che avevano intenzione di seguire le orme del Reading; sia Manchester City che Manchester United hanno dichiarato al Daily Mail di rimanere impegnati a sostenere le squadre femminili, mentre il Chelsea ha fatto eco a questa affermazione e ha promesso di continuare con il loro “livello attuale di sostegno finanziario e di altro tipo” per i programmi delle squadre femminili e delle accademie.

Lo staff del Bristol City ha effettuato tagli agli stipendi, ma questo è in accordo con quelle parti del comparto maschile che hanno avuto riduzioni di stipendio equivalenti.

Allo stato attuale, la maggior parte delle squadre della Premier League ha emesso rigorosi regimi di fitness individuali per le giocatrici al fine di mantenersi in forma se la stagione continuerà. Sebbene questi siano senza dubbio tempi difficili, con la FA che offre indicazioni su questioni contrattuali e opportunità di finanziamento, sembra che i club WSL facciano tutto il possibile per gestire la situazione nel miglior modo possibile.

Credit Photo: WSL Facebook

La freccia biancoblù Mara Assoni si racconta a 360 gradi

La voglia di tornare a casa è sempre tanta, soprattutto se lo è per Mara Assoni, attaccante di Cortefranca di 27 anni, che nel dicembre dello scorso anno ha deciso di indossare per la seconda volta la maglia del Brescia. Per la prima volta Mara ha voluto raccontare il suo percorso, le sue impressioni sulla situazione attuale nel nostro paese e del movimento calcistico femminile italiano.

  1. Mara come è iniziata la tua passione per il calcio?

«La mia passione per il calcio è nata quand’ero piccolina, quando giocavo al parco coi maschietti, poi la chiamata nella squadra del mio paese (Cortefranca, ndr) e da lì non ho più smesso».

  1. La tua avventura calcistica è cominciata nel Brescia: dalle giovanili alla prima squadra.

«Ho cominciato il mio percorso facendo due anni con le Pulcine, poi nelle Giovanissime e infine ho fatto altri due anni tra Primavera e prima squadra, dove nel 2012 ho vinto la Coppa Italia: quell’anno fu davvero difficilissimo, perché abbiamo cominciato a lottare nei primi posti, il cambio di allenatore da Grilli a Keci, però la strada che ci ha portato a vincere quella Coppa è stata bella. Nel complesso il mio percorso è stato davvero bello».

  1. Poi hai lasciato Brescia per andare al Franciacorta (Serie B) e Cortefranca (Serie C Regionale): come valuti queste esperienze?

«Andare al Franciacorta è stato importante, perché in quei due anni mi hanno formato dal punto di vista caratteriale, riuscendo a mantenere la Serie B al cospetto di squadre ostiche; mentre al Cortefranca ho vissuto un periodo molto bello sia personale che realizzativo, visto che tornavo a giocare nella squadra del mio paese e cercavamo in tutti i modi di salire di categoria».

  1. Nel 2018 torni la Serie A con la maglia dell’Orobica. Come hai vissuto l’emozione di giocare nella massima serie?

«Il doppio salto che ho fatto dalla C alla A è stato comunque importante, perché nella massima serie c’è un divario tecnico significativo, ma in compenso è un’esperienza che rifarei di nuovo, perché ho avuto la possibilità di mettermi in gioco e confrontarmi con altre realtà e persone che non ti capita sempre di avere: se io dovessi a consigliare a qualcuno di fare un’esperienza del genere gli direi di coglierla al volo».

  1. Dopo un solo anno decidi di ritornare una Leonessa: cosa ti ha portato a questa decisione?

«All’Orobica non c’erano più le condizioni di restare, poi Brescia è una piazza che fa gola a tutti, sia per la storia che per il blasone della società, poi aveva degli obiettivi importanti nonostante la categoria e sapevo che lì mi sarei trovata bene, quindi non ho esitato un solo minuto ad accettare l’offerta».

  1. Hai notato delle differenze rispetto al tuo riapprodo nel Brescia?

«Le persone che fanno parte della società sono rimaste le stesse, quindi sono stata accolta sin da subito molto bene, quello che sicuramente è cambiato è l’aumento del livello dello staff, ma nel compenso è rimasta intatta la serietà della dirigenza».

  1. Il Covid ha fermato tutto, vanificando il buon percorso che stavate facendo in questa stagione.

«Nonostante io sia arrivata a dicembre stavamo rimontando sulla prima in classifica (Vicenza CF, ndr) e dovevamo affrontare in semifinale di Coppa Italia il Como: è un peccato perché stavamo facendo bene, ma la salute viene prima di tutti».

  1. Come stai affrontando quest’emergenza?

«Io sono a casa da febbraio, e le mie giornate le trascorro tra lo studio per prepararmi al concorso di abilitazione all’insegnamento e nel pomeriggio mi alleno in base al programma che lo staff tecnico ci ha assegnato. Prima lavoravo come esperta di psicomotricità e poi allenavo squadre di calcio».

  1. Che lezione avremo imparato dopo quest’emergenza sanitaria?

«Avremo imparato a dare importanza alle piccole cose, in particolar modo al valore delle persone che sono nelle nostre case».

  1. Cosa ne pensi della situazione attuale del calcio femminile in Italia?

«Si sono fatti dei miglioramenti in questo periodo come la visibilità e rendere famose alcune giocatrici di alto calibro: il calcio femminile italiano potrebbe avere un seguito, ma è un percorso lungo che va affrontato. Faccio un esempio: la partita svoltasi lo scorso anno Juventus-Fiorentina, che è stata vista da tanti spettatori, dà testimonianza che il calcio femminile può essere seguito da tutti».

  1. Secondo te quando si arriverà al professionismo per lo sport femminile italiano?

«Probabilmente sarà legato alle questioni economiche e di business che girerà intorno, perché le ragazze di Serie A, per le categorie inferiori la vedo difficile, svolgono un lavoro a tempo pieno, perché mettono le energie a disposizione di questo sport e loro lo stanno facendo da professioniste, nonostante non siano ancora riconosciute».

  1. Come sei fuori dai campi di gioco?

«Sono una persona solare e mi piace divertirmi e trascorrere il tempo libero con i miei amici».

  1. Che obiettivi professionali e personali hai per il tuo futuro?

«Il mio obiettivo più grande è quello di insegnare perché mi piacerebbe molto stare coi bambini e spero di realizzarlo, spero di giocare ancora per altri anni di giocare ancora e di ottenere altre soddisfazioni sia livello di squadra che a livello personale».

Photo Credit: Brescia Calcio Femminile

La SvFF annuncia che il calcio in Svezia riprenderà ufficialmente il 14 Giugno

Il calcio in Svezia si giocherà all’inizio di giugno con la Svenska Cupen, seguita dall’inizio della massima serie svedese maschile e femminile.

Mentre la stagione calcistica svedese termina tradizionalmente a novembre, il nuovo campionato non è ancora potuto iniziare a causa della pandemia di coronavirus.

Sebbene la Svezia non abbia implementato un blocco come molte altre nazioni europee per far fronte alla crisi COVID-19, le riunioni pubbliche sono state sospese, portando a una proposta di inizio ad aprile che è stata poi rinviata.

La Svenska Cupen era già in pieno svolgimento, tuttavia, con la competizione nella fase dei quarti di finale.

La SvFF (Federazione calcistica della Svezia) ha confermato in una dichiarazione che la sua ambizione è quella di completare la coppa, Nilsson ha aggiunto che spera che la coppa non si vada a sovrapporre al programma rivisto della lega.

“La speranza è che [la Svenska Cupen] possa essere completata”, ha detto a Fotbollskanalen Nilsson, che è anche il primo vicepresidente della UEFA. “Ci sono molte meno partite da giocare e le squadre giocano anche per un posto europeo. Ciò significa che dobbiamo iniziare questo torneo alla fine di maggio, o all’inizio di giugno, per terminarlo prima dell’inizio della stagione prevista per Allsvenskan. L’ambizione è che venga completato prima dell’inizio previsto di Allsvenskan, che è previsto per il 14 giugno. Il piano è di non mescolare la coppa con le partite di campionato. Vivranno due vite separate. Questa è la nostra speranza e ambizione. Ma abbiamo bisogno di una settimana o 10 giorni per essere pronti a determinare finalmente le condizioni per la coppa.”

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