5 Se si analizzano le prestazioni da questa prospettiva non si pareggia mai: o si vince o si perde”. Con queste parole Federico Marchi, Direttore della Rivista “L’Arbitro” e Responsabile della Commissione Comunicazione dell’AIA, ha introdotto l’argomento dell’ultima riunione del progetto Women Referee che si è svolta in modalità online lo scorso 26 aprile. Per le circa 120 ragazze collegate – tra queste, anche arbitri e assistenti inserite negli organici nazionali e internazionali – è stata l’occasione per concentrarsi su un aspetto fondamentale dell’arbitraggio, portando avanti il percorso formativo avviato dall’inizio di questa Stagione Sportiva promosso dalla Responsabile del Progetto e Componente del Comitato Nazionale Katia Senesi e dalla Coordinatrice nazionale Carina Vitulano.

Nel suo intervento, Marchi ha sottolineato più volte che la comunicazione è un tema complesso. Non si tratta soltanto di scegliere le parole più adatte a ogni circostanza: “Solo il 7% della comunicazione è linguaggio verbale, mentre gran parte dei messaggi che trasmettiamo sono veicolati dal linguaggio paraverbale. Essere in grado di controllare la nostra comunicazione è fondamentale per ottenere gli effetti che desideriamo e ciò richiede attenzione a tutti gli aspetti, in particolare a quelli paraverbali, che talvolta sono i più incisivi. Dalle parole e dai comportamenti dell’arbitro durante una prestazione traspaiono le sue emozioni – decisione o incertezza, tranquillità o ansia, sicurezza o paura”. Questi stati d’animo diventano strumenti utili per arbitrare con autorevolezza se si è capaci di riconoscerli, esprimerli e gestirli in maniera volontaria, ma diventano problematici se non vengono gestiti efficacemente e controllati dalla volontà.

Coinvolgendo alcune delle ragazze nella discussione, il relatore ha proposto di considerare la comunicazione come comunione, ovvero come una dinamica di relazione: “Abbiamo un soggetto A che invia un messaggio a un soggetto B, che reagisce con un feedback, una risposta. La comunicazione si concretizza solo quando questo circolo si chiude, ovvero quando c’è stata una risposta o reazione”. Quindi, formulare messaggi non basta. Per essere efficaci e ottenere una risposta, bisogna creare empatia con gli interlocutori, generando un canale comunicativo che ci permetta di ottenere i nostri obiettivi. Considerando esempi concreti relativi all’arbitraggio, Marchi ha sollecitato le partecipanti alla riunione a riflettere sulla comunicazione dell’arbitro prima, durante e dopo la gara, andando oltre le parole e soffermandosi sul linguaggio del corpo: sguardo, postura, movimenti, sorriso e silenzio contribuiscono a definire la presenza attiva dell’arbitro, che è fondamentale per il controllo della gara. La comunicazione efficace si regge su tre pilastri: essenzialità (parlare quando serve e capire quando è meglio non farlo), motivazione (la forza della capacità comunicativa) e priorità (capacità di discernere gli elementi su cui è più importante porre l’attenzione).

La parte finale della riunione è stata dedicata a come si può affrontare al meglio il compito di tenere un discorso in pubblico, con alcuni consigli pratici e l’invito di Marchi a porre particolare attenzione a migliorare le capacità comunicative mantenendo spontaneità e autenticità: “Trovate dei modelli, a livello arbitrale e umano. Studiate, cercate di migliorarvi ma non omologatevi, non perdete mai la vostra unicità”.

COMUNICATO AIA