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Gianpiero Piovani, Sassuolo Women: “A Brescia ha fatto male perdere lo scudetto all’ultimo”

Gianpiero Piovani è intervenuto nella diretta Instagram di lapartitasfigata lasciando delle dichiarazioni sulla sua esperienza al Brescia e sulla situazione del calcio femminile in Italia.

“La mia prima partita di calcio femminile che ho visto è stata proprio una del Brescia, quel giorno giocavamo di domenica e sono andato a vederle. Inizialmente era più una curiosità poi da lì sono andato partita dopo partita. Il presidente Cesari mi notò, mi presentò il progetto e mi convinse ad accettare questa sfida. Il mio primo anno abbiamo fatto una stagione da favola, ha fatto male perdere lo scudetto all’ultimo.”

“Non era facile sostituire una come Milena Bertolini. Cesari ha portato il calcio femminile a Brescia inizialmente per far giocare la sorella lì senza portarla sempre a Milano, poi si è innamorato completamente di questo sport e sono 33 anni che sostiene questo sport. Per me non è stato difficile ambientarmi grazie alla dirigenza più che qualificata ed in primis per presidente Cesari.”

“A livello di campo e di stile di gioco faccio le stesse cose che facevo con gli uomini. Non dico che ci stiamo avvicinando al livello maschile ma stiamo colmando questo gap a livello tecnico.”

“Quando ho vinto la panchina d’oro non me l’aspettavo perché c’erano molti allenatori più esperti e preparati di me nel calcio femminile. Probabilmente mi è stato riconosciuto il fatto che avevamo una squadra tutta nuova ed in una settimana l’abbiamo messa in piedi nel migliore dei modi.”

Credit Photo:Arnaldo Cavallotti

Carolina Morace: “Calcio femminile discriminato e bistrattato, serve chiarezza!”

Il calcio femminile vive nella discriminazione più totale. E’ trattato secondo ciò che più fa comodo: una volta da professioniste e una volta da dilettanti, serve chiarezza!”. Carolina Morace chiede maggiore considerazione del calcio femminile in un momento così delicato anche per un’industria molto più ricca come quella del calcio maschile. Una carriera da portavoce del calcio femminile in Italia, piena di successi, vittorie e record che le hanno attribuito riconoscimenti internazionali e menzioni nelle bacheche più importanti del mondo. In esclusiva ai nostri microfoni ha parlato delle mosse che si dovrebbero mettere in atto per salvaguardare il calcio femminile, dei prossimi Europei e dell’attuale Serie A maschile

C’è stato il Consiglio Federale che va verso la decisione dello stop definitivo anche al calcio femminile. E’ la scelta più giusta? “La scelta si doveva prendere anche prima. Le premesse per cui riprenda il calcio maschile le conosciamo tutti e sono un bagno di sangue. Nel femminile no. Non capisco perché accomunare i due mondi. Si parlava di professionismo e le ragazze sono dilettanti, per cui non ho proprio capito il protrarre fino ad oggi. Si è fermata la pallavolo femminile che genera molti più introiti del calcio femminile. Non riesco a capire perché la cassa integrazione per le ragazze del calcio non sia arrivata… Facciamo un po’ di chiarezza. Non è che possono essere professioniste o dilettanti quando fa comodo”.

Assodato questo, sarà il momento di dare uno sguardo serio anche alla situazione economica del calcio femminile. Con lo stop ci saranno perdite enormi per un settore che stava iniziando a muovere i primi passi concreti. Cosa si dovrà fare secondo lei? “Il calcio maschile vogliono farlo ripartire perché altrimenti 4 o 5 società rischiano di saltare. Ciò significa che non c’è la copertura adatta. La sostenibilità che manca nel femminile, è molto tirata anche nel maschile. Se ci sono alcune squadre che se si fermano tre mesi non riescono a continuare, non c’è sostenibilità. Anche in Serie B è uguale, forse peggio. Ci sono tante leghe professioniste nel maschile, non ce ne può essere una femminile a 12 squadre?”.

La Nazionale Statunitense si è vista negare il diritto alla parità salariale e conosciamo tutti quanto sia sviluppato in America il calcio femminile. Cosa ne pensa? E’ utopia, a questo punto, credere lo si faccia in Italia e in Europa?“La Federazione dovrebbe seguire l’esempio tedesco e mi spiego: il Mondiale vinto dagli uomini deve avere lo stesso valore di quello vinto dalle donne. Questa è una cosa da fare a prescindere dal professionismo. E’ una vera e propria discriminazione della Federazione, non ci sono scuse. Il valore di un Mondiale, di un Europeo o di un secondo posto deve essere uguale, porterebbe anche un numero maggiore di tifosi ad appassionarsi al calcio femminile.

La mia generazione è arrivata due volte in finale di un Europeo e nonostante questo il nostro calcio non si è sviluppato perché i dirigenti di allora erano miopi, avevano il prosciutto sugli occhi.Avevamo tante giocatrici importanti, si giocava benissimo: se solo ci avessero creduto loro, avrebbero venduto il prodotto come tutti gli altri Paesi.Probabilmente non ne capivano tantissimo di calcio”.

Gli Europei sono stati rinviati al 2022: per l’Italia è una possibilità in più vista la crescita di calciatrici giovani o è un rischio perché si va incontro all’aumentare dell’età da parte delle più esperte? “Abbiamo un problema di numeri che sarà risolto tra qualche anno. Adesso i papà iniziano a portare le figlie a giocare nella Roma, nella Juventus, nella Fiorentina o nel Milan. Diciamo che tutto quello che verrà sarà positivo perché siamo 20 anni indietro. Sarà più difficile del Mondiale perché lì eravamo la sorpresa e questa volta ci conoscono. Speriamo che qualche esca qualche giovane che possa fare la differenza e che ci sia il gruppo di prima, senza esclusioni. Le più grandi sono molto importanti ma credo ci saranno tutte. Solo Sabatino è più grande ma lei è una giocatrice di grandissima esperienza, non dovrà fare tutta la partita e potrà dare una grossa mano”.

Lei ha allenato Daniela: cosa ci può dire? “Al Sassuolo sta facendo bene, nel Milan si è espressa al massimo livello. Lei è una che i gol li fa. Per me non è solo una calciatrice di un certo modo, lei fa la differenza umanamente. E’ un capitano che pensa alla squadra, non pensa solo ai fatti suoi. La conoscevo perché la chiamai in Nazionale e mi piacque da subito come persona. E’ un vero leader, ha un carisma naturale perché si preoccupa delle altre, fa la portavoce”.

Credit Photo: Facebook Carolina Morace

Arrivano le decisioni del Consiglio Federale: dilettanti bloccati ma tutto è ancora indeciso

Oggi a mezzogiorno si aspettava con ansia il Consiglio Federale della FIGC che avrebbe delineato con chiarezza il da farsi sui vari campionati. Così è stato, o per lo meno sono state chiarite molte cose.

In primis è stato ribadito più volte come la Serie A, la Serie B e la Serie C maschile devono ripartire, sia per l’economia sia per dare un barlume di speranza ai cittadini. Ovviamente le partite saranno svolte a porte chiuse  e con tutte le precauzioni sanitarie del caso. Inoltre la fine della stagione è stata decretata per il 31 agosto, con i campionati che dovranno terminare entro e non oltre il 20 agosto. Oltretutto, se le competizioni non venissero chiuse in tempo, non si esclude l’introduzione della formula dei playoff/playout.

Passando al capitolo femminile, dato che è stato decretato che i dilettanti devono fermarsi, a rigor di logica anche i campionati femminili dovrebbero bloccarsi, ma a quanto pare così non è. Infatti la decisione finale spetterà alla Divisione Femminile, presieduta da Ludovica Mantovani, che dovrà stabilire se almeno il campionato di Serie A possa andare avanti. Per quanto riguarda invece B e C come tutti i campionati minori, la chiusura definitiva dei campionati è cosa certa.

Rita Guarino: «Che bella sensazione tornare in campo»

Rita Guarino, coach della Juventus Women, è ritornata in campo come si può vedere dal suo profilo Instagram. Il tecnico bianconero ha condiviso una foto che la ritrae sul terreno di gioco con tanto di mascherina.

ritaguarino11«La partita non è ancora finita, siamo ai tempi supplementari e occorrerà ancora tanta pazienza…ma che bella sensazione tornare a calpestare quel prato!». #finoallafine ⚪️⚫️ #juventus 🌪🔥 #liveahead
Credit Photo: Pagina Instagram Rita Guarino

I segreti tattici delle viola: intervista con il Match Analyst Marco Merola

Il gioco del calcio, con una palla e due porte, è ormai solo una sineddoche per un sistema molto più complesso e articolato. L’evoluzione del pallone è evidente e oggi la “squadra” non sono più solo gli/le 11 in campo, bensì un insieme molto più denso. Uno di questi ingranaggi chiave che può cambiare le sorti di una partita è il Match Analyst.
Già presente nei settori maschili, ha fatto la sua comparsa anche nel mondo femminile diventando ormai un anello fondamentale della catena. Ne abbiamo parlato con Marco Merola, ventinovenne Match Analyst della Fiorentina Women’s FC che dal 2018 segue e prepara le partite della viola.

Per prima cosa può descriverci in maniera semplice la sua professione?
Cosa fa un Match Analyst?

“Sarebbe più facile mostrarlo che spiegarlo, dovrei aprire il computer e far vedere una partita. Sintetizzando un Match Analyst analizza la prestazione collettiva in allenamento e in partita. Ci soffermiamo molto più su di noi che sugli avversari, analizziamo la performance della squadra. Non è sempre chiaro a tutti, qualche giocatrice non si ricorda mai il nome del mio ruolo per cui dico sempre “chiamatemi video analista” (ride)”.

In questo periodo particolare quanta astinenza di calcio c’è e professionalmente come riesce a colmarla?
“C’è tanta astinenza, ma il nostro lavoro non si ferma. Sto seguendo le sedute di Fabio e Giacomo (Barducci e Palchetti, preparatori fisici ndr) e stanno facendo un lavoro incredibile. Personalmente sto già lavorando alla prossima stagione, analizzando le nostre partite già giocate e preparando applicazioni per il futuro. All’inizio del lockdown ho iniziato a guardare i match contro i nostri probabili futuri avversari, così da essere pronto in caso di ripresa del campionato. Potrebbe essere un lavoro a tempo perso ma non lasciamo niente al caso. Poi ho iniziato a dare più importanza ai nostri movimenti riguardando le nostre performance, insieme ad alcune partite di Champions League maschile”.

Qual è l’importanza dei dati che raccoglie durante le partite?
“Già durante la stagione teniamo d’occhio i dati e per quanto ci siano diverse scuole di pensiero restano una parte fondamentale. Mister Cincotta ad esempio vuole guardare i numeri, è per questo che durante la stagione ha cambiato ruolo a diverse giocatrici per farle rendere meglio. Pensiamo a Vigilucci che ha giocato in ogni posizione, o alla stessa Guagni che ha fatto terzino ma anche esterno di attacco! Poi ci sono i dati di reparto: la nostra difesa ha una serie di statistiche importanti di cui andare orgogliosi. È fondamentale avere questi dati come riferimento, anzi passarli all’allenatore il più spesso possibile per dargli un ulteriore aiuto”.

Ecco che tipo di collaborazione c’è tra Match Analyst e Allenatore?
Il rapporto cambia, anche a seconda di apertura mentale e conoscenza dell’utilità del mio lavoro. Io sono fortunato perché Mister Cincotta, oltre ad avere una vasta esperienza nel settore femminile, ha subito preso in considerazione il mio lavoro e ne ha capito l’applicazione. Questo mi ha dato fiducia e autostima per poter sottoporre le mie considerazioni. Devo dire che fin dal mio primo giorno anche gli altri mi hanno preso sottobraccio e hanno mostrato disponibilità e attenzione. Tra di noi c’è una sinergia che funziona, purtroppo non è sempre così e la figura del Match Analyst talvolta è quasi “denigrata””.

Invece molto spesso è l’asso nella manica di una squadra perché evidenzia punti forti e deboli di entrambe le squadre in campo.
Durante il match di cosa si occupa, quando interviene?
“Il giorno gara decide il Mister se ha bisogno di me in campo o in tribuna. Quando non c’era la panchina aggiuntiva andavo in tribuna nella parte di campo dove il Mister voleva arrivassero consigli precisi, quest’anno invece sono a bordocampo. Qualcuno potrebbe obiettare che da lì non controllo la tattica ma non è così. La partita è il riassunto della settimana, il grosso del lavoro viene fatto sul campo di allenamento e durante il match controllo da vicino l’applicazione”. 

Il momento più delicato è l’intervallo, quando potete decidere se cambiare in corsa o mantenere l’assetto tattico.
“Quando rientriamo negli spogliatoi Mister Cincotta vuole sapere cose precise: cosa è successo rispetto alla nostra idea tattica, come si comporta la difesa, come risolvere le difficoltà. Solitamente insieme allo staff tecnico ci riuniamo qualche minuto confrontandoci prima che Mister Cincotta parli alle ragazze. Poi le decisioni su tattica e cambi restano al Mister: durante la settimana gli ho già fornito tutto il materiale”. 

La squadra come vive il suo lavoro? C’è differenza tra settore maschile e femminile?
“Quando sono arrivato al settore femminile ho trovato ho trovato un ambiente molto accogliente per la mia figura professionale. Le ragazze non si accontentano, vogliono rivedersi, capire gli errori e per questo mi chiedono anche clip personali. Talvolta preparo anche clip per reparto e con Mister Cincotta riguardiamo alcune situazioni. Mi hanno spiazzato perché capiscono e apprezzano il contributo del Match Analyst”.

In due anni ha raccolto molte vittorie, alcune frutto proprio del lavoro settimanale. Anche in questa stagione le statistiche parlano per voi.
“Sono molto orgoglioso di quanto fatto in questi anni. Mi ricordo soprattutto la mia prima partita importante valevole per un trofeo, ovvero la Supercoppa. Avevamo studiato le transizioni offensive al dettaglio e dopo appena 30” le ragazze misero in pratica uno dei miei consigli. Avevo i brividi. Poi arrivò la vittoria ma ce la godemmo poco, dovevamo pensare già al prossimo impegno. Questa stagione il livello si era alzato molto ma stavamo giocando bene. Mi hanno impressionato positivamente la Juventus e la Roma, hanno un’organizzazione di gioco ottimale. Mi è dispiaciuto questo stop, la nostra squadra ha uno zoccolo duro di giocatrici esperte e un nucleo di giovani promettenti: soprattutto queste ultime avrebbero potuto vivere una stagione positiva e migliorare ancora”.

Invece in Europa quanto è difficile preparare le partite?
“Appena viene effettuato il sorteggio inizio a studiare la squadra avversaria, i profili delle giocatrici e il gioco. Grazie ai software di oggi riusciamo a colmare il gap anche con le squadre meno famose, lo facciamo anche in Campionato. Con Fortuna Hjorring, Chelsea e Arsenal è stato sicuramente più facile”.

La sua è una professionalità quindi molto utile per vincere le partite. Quando andrebbe introdotta a livello giovanile?
“È un tema delicato: nei settori giovanili bisognerebbe usarla solo per controllare i miglioramenti fisici e atletici, solo questo. I bambini si devono divertire, la tattica va introdotta più tardi con la maturità del calciatore. Ovviamente ognuno sceglie il momento migliore per avvicinare i giovani in base ai propri obiettivi, ma credo che fino ad una certa età bisogna concentrarsi su altri valori”.

A livello personale riesce a “sfruttare” la sua professionalità nelle partite con gli amici, nei videogame o guardando le partite in tv?
“Con gli amici preferisco non guardare le partite, divento quasi antipatico perché blocco la schermata per controllare gli schieramenti, il mio lato professionale prende il sopravvento! E anche quando gioco a FIFA spesso perdo perché voglio fare troppa tattica e troppi schemi. Sul campo di gioco è la stessa storia: gioco a calcetto con gli amici che vogliono solo divertirsi, non vogliono sentir parlare di schemi! Per quello vado sul campo con gli altri membri dello staff viola e partecipo alle loro sfide come colpire i coni da una certa distanza, o la traversa. In realtà io e Giacomo (Palchetti, preparatore fisico ndr) siamo i più svantaggiati perché siamo tecnicamente scarsi. Però ci proviamo!”

Per chiudere, il settore femminile rischia di perdere il vantaggio accumulato con il Mondiale e il Campionato. Essendo parte di questo mondo come vive questa incertezza?
“La Famiglia Commisso ci è vicina e questa per noi è una garanzia. I loro progetti sono a lungo termine e il Presidente ribadisce sempre quanto punti sul settore femminile. Noi ci impegniamo al massimo e devo ringraziarli per la loro disponibilità e fiducia. Da parte nostra posso assicurare che lavoreremo professionalmente come sempre e il calcio femminile continuerà a crescere”.

Credit Photo: Alessio Boschi

Un Milan d’atelier sfilerà con Rizza sulla destra

L’eleganza è nel DNA Milan, in campo come fuori. Lo è per comportamenti, lo è per il modo di presentarsi, lo
è per il disporsi sul manto erboso ed esprimere il proprio gioco, lo è per la scelta delle giocatrici. Ed è in tale selezione che il rosso-nero non si poteva che esaltare nella scelta di affidare la fascia destra ad
una calciatrice che, in Azzurro delle Under come con i club, si è sempre rivelata di qualità, tecnica e
cognitiva: Federica Rizza, laterale basso, classe 1997. Prima dello stop, una parte iniziale di Serie A da assoluta protagonista per la ricciola ragazza natia di Lodi, nella quale aveva espresso tutto il proprio potenziale, con percussioni sulla propria corsia di competenza, sovrapposizioni con la rispettiva mezzala e con assist a servire le imbucate di Valentina Giacinti. Una presenta caratterizzata pure per l’importante peso a livello tattico di Rizza nella retroguardia rosso-nera, per una capacità di lettura preventiva della giocata avversaria quanto per un senso della posizione quasi mai sporcato da sbavature. Se poi poniamo sotto la lente di ingrandimento un carattere sempre rispettoso e pacato, la giovane diavola non può che rispecchiare ciò che il club più titolato di Italia è nel profondo: stile ed eleganza. Per la prossima stagione, quindi, una colonna da cui ripartire per mister Ganz e per la Ds Spina, una calciatrice italiana vanto per il movimento tutto e che potremmo vedere presto in Nazionale Maggiore se continua nelle sue decisive prestazioni sul manto erboso.
Credit Photo: Vanni Caputo

L’attaccante della Lady Granata Cittadella Romina Pinna: “Voglio dimostrare a tutti quello che valgo”

La Lady Granata Cittadella sta disputando un buon campionato, grazie anche ai gol di Romina Pinna, attaccante olbiese classe ’93 e, dopo aver girato in molte squadre italiane e aver vissuto qualche mese all’estero, è arrivata in terra padovana durante la sessione invernale di calciomercato.

Romina come ti sei appassionata al calcio?
«Ho iniziato ad appassionarmi sin da piccola, perché il pallone è sempre stato per la mia famiglia qualcosa d’importante, in particolar modo mio papà e mio fratello che hanno sempre giocato a calcio e loro mi hanno trasmesso questa passione, poi, dopo che ho finito di giocare coi ragazzi del mio paese, a 14 anni mi ha contattato la Torres e sono entrata in questa società».

Con la maglia della Torres il 22 settembre 2012 esordisci in Serie A e fai gol contro la Lazio: cosa hai provato in quel momento?
«Per me esordire e segnare davanti a segnare davanti ai miei genitori, che sono venuti a vedermi in quel giorno, è stato un qualcosa di indescrivibile: me lo ricordo come oggi, sia per come ho segnato che la mia esultanza al mio gol realizzato».

Nel 2015 decidi di andare all’estero giocando in Inghilterra per il West Ham.
«Volevo provare un’esperienza diversa da quella italiana, perciò, dopo che la Torres fallì in quell’anno, ho deciso di provare ad andare all’estero, ed è stato un anno importante, sia professionale che umano».

A marzo 2016 torni in Italia con la Pink Bari e poi al Luserna.
«A Bari mi hanno accolto benissimo e, anche se ho provato a dare una grande mano, non siamo riuscite a salvarci, perdendo contro il Luserna allo spareggio: per pura coincidenza indossai anche quella lusernate, ma posso dire che mi sono trovata bene in entrambe le città, che mi hanno formato e crescere ancora di più, visto che erano le prime esperienze fuori dalla Sardegna».

Siamo nel 2018 e vai a Verona col Fortitudo Mozzecane.
«Non ero felice scendere in Serie B, ma mi sono rimboccata le maniche e ho vissuto anche a Verona una bella esperienza, mi sono trovata bene con le compagne di attacco e con il mister Bragantini (ora al Brescia, ndr)».

Ad agosto 2019 torni in massima serie con l’Orobica, ma non è durato molto.
«Con l’Orobica non è stata la stagione che speravo e a dicembre abbiamo deciso di separarci».

Cosa ti ha portato a scegliere la Lady Granata Cittadella?
«Ho avuto altre offerte da altre squadre, ma mister Comin mi ha voluto fortemente a Cittadella: ho trovato un’ambiente di famiglia e, anche se non ha una struttura da Serie A, però fanno le cose per bene e con semplicità. La nostra è una buona squadra, e secondo me potevamo ambire ai primi quattro posti».

Il Covid19 ha fermato i campionati: secondo te ripartiranno?
«La salute viene prima di tutto e fare i protocolli per il calcio femminile è un po’ difficile: quindi penso che la stagione si fermerà qui».

Come lo stai trascorrendo questo periodo?
«A me piace stare un po’ nell’ambiente famigliare, quindi non è che ho sentito molto questo problema di rimanere chiusa in casa, ma mi sono sempre allenata grazie ai programmi che la società mi ha offerto, ora posso uscire a correre e giocare col pallone in un campo: sono sempre in movimento».

Cosa ne pensi del calcio femminile italiano odierno?
«Rispetto a quando ho iniziato il calcio femminile in Italia è cresciuto gradualmente e piano piano arriveremo anche ai livelli del campionato inglese o francese».

Il professionismo nel femminile arriverà anche in Italia?
«Speriamo che facciano le leggi per diventare professioniste, perché tutte le giocatrici che verranno possano avere questa cosa meritatamente: dobbiamo avere questa tutela che ci appartiene».

Com’è Romina Pinna fuori dal campo?
«Sono una ragazza tranquilla, solare e positiva e affidabile: chi mi conosce realmente sa chi sono, magari all’inizio sono sulle mie, ma poi sono una persona abbastanza “alla mano”».

Quali sono i tuoi progetti futuri?
«La mia carriera professionale va di pari passo con la mia vita privata, ma vorrei rigiocare nella massima serie o in un altro campionato estero e dimostrare finalmente quello che valgo».

Credit Photo: Pagina Facebook Romina Pinna

Player focus: Ilaria Lazzari detta cap

Una giocatrice duttile che parte dal ruolo ‘di base’ del terzino, ma può aiutare la squadra anche a centrocampo o sull’esterno. Ilaria Lazzari ha fatto una scelta tanti anni fa, ma passo dopo passo si è ripresa alcune emozioni a cui aveva dovuto rinunciare. Per questo ogni volta che entra in campo ci mette passione, foga, come quella che aveva negli occhi il giorno del suo esordio in gialloblù contro l’Inter, mentre arava il bordocampo in attesa di entrare. Per questo, eccezionalmente, la citazione proviene dalle sue stesse parole, che anche a distanza di tanti mesi risultano emozionanti.

#24 ILARIA LAZZARI
Data di nascita: 24 luglio 1990
Luogo: Milano
Altezza: 166 cm
Nazionalità: italiana
Ruolo: terzino
Piede preferito: destro
Caratteristiche: duttile e volenterosa
Presenze in Serie A: 55
Presenze Hellas Verona: 12

«Abbiamo fatto sette ore di viaggio e ne faremo altre sette per tornare. Eppure siamo tutti qui, 63 folli che inseguono chi le amiche, chi le figlie, chi semplicemente l’ignoranza. Io avrei dovuto vedere solo la prima partita a Valenciennes e alla fine mi sono ritrovata a organizzare un pullman di emozioni. Questo Mondiale è il sogno di vent’anni di buio di ognuno di noi, quindi viviamocelo, prendiamocelo e teniamocelo stretto. Perché quel gol di Bonansea al 95′ contro l’Australia arriva da una squadra unita, da un movimento unito, da una nazione unita e da un tifo unito che sopra le orecchie di Cernoia cantava instancabile. Quindi oggi voglio sentirvi cantare, voglio vedervi giocare con la nostra Nazionale, voglio che ci prendiamo questo ottavo. Buona partita a tutti»
Cit. Ilaria Lazzari

PALLONATE IN CAMERETTA
Ho iniziato a giocare a calcio con mio fratello in cameretta, visto che io e lui abbiamo solo due anni di differenza e ci siamo sempre scannati con il pallone. Quando ho avuto 6 o 7 anni ho iniziato a dire ai miei che io volevo andare al parco coi miei amici a giocare ed ero anche bravina. I miei non hanno mai avuto alcun tipo di problema in questo, mio padre poi mi ha portato nella squadra di calcio dell’oratorio, insieme ai maschietti. Io onestamente non ho vissuto tanto la differenza tra maschi e femmine, nessuno ha mai avuto chissà quale pregiudizio: chiaro, eri l’unica femmina, tutti ti guardavano. Mi ricordo i commenti ‘Ti fai scartare da una femmina!’, le solite cose, ma avevo un buon carisma. Mi avevano anche fatta capitano della squadra! Ho giocato lì fino a 12 anni, quando ho poi iniziato a giocare in una squadra interamente femminile“.

GLI ESORDI IN SERIE A CON LA RIOZZESE
Il primo anno nel massimo campionato è, per Ilaria, quello del 2008/09 con la Riozzese. Lei, ancora giovanissima, fa il suo esordio il 5 ottobre 2008 a Calmasino, quando sostituisce Jessica Mantuano nel corso della gara contro il Bardolino. Complice il brutto infortunio patito proprio in quella gara dalla sfortunata Francesca Tonani, Lazzari trova molto spazio durante tutta la stagione, che però si conclude con la retrocessione delle rosanero e la mancata iscrizione all’A2 dell’anno seguente. I ricordi legati a quell’anno sono però moltissimi per Ilaria: “Giocammo le prime due giornate contro Bardolino e Torres, le due squadre più forti. Contro le veronesi andammo in vantaggio noi grazie a un gol di Tatiana Bonetti, ma alla fine vinsero loro 3-1. Fu un’emozione incredibile giocare contro quella squadra, formata da giocatrici come Melania Gabbiadini, Valentina Boni, Giorgia Motta e Michela Ledri, gente che aveva appena giocato la semifinale di Champions League: degli idoli per me. La seconda partita contro la Torres partii titolare, dovevo marcare Silvia Fuselli (attuale vice allenatrice dell’Hellas Verona Women, ndr): perdemmo e lei segnò il primo gol. Io ero giovane e loro erano troppo forti! L’anno dopo andai a Mozzanica vincendo l’A2, ma dopo un altro anno in A decisi di tornare vicino a casa“.

IL RITORNO IN SERIE A 
Nell’estate del 2018 Ilaria Lazzari fa ritorno in Serie A per indossare, così come fatto per due anni dal 2009 al 2011, la maglia del Mozzanica. Anni prima fu difficile per lei, come ci ha raccontato, pensare di poter vivere di calcio, così che dovette scegliere tra la Serie A o continuare studi e lavoro. Ilaria scelse di rimanere vicina a casa, giocando in Serie B, ma dopo parecchi anni tra Inter e Bocconi, decide di accettare la proposta dell’AtalantaMozzanica. Una stagione spettacolare per le nerazzurre, con l’obiettivo della salvezza che si è trasformato, partita dopo partita, in uno straordinario 6° posto fatto di risultati a sorpresa, come la vittoria per 3-0 sulla Roma o il doppio pareggio con la Juventus. Lazzari riconosce in Andrea Scarpellini, Daniela Stracchi, Francesca Vitale, Cecilia Re e Giulia Rizzon tra le compagne più importanti in quella stagione, nel complesso di una squadra che seppe ribaltare i pronostici e, insieme, raggiungere un grande risultato stagionale.

IL MIRACOLO DELLA GANG
Il 9 giugno 2019 Ilaria Lazzari si trova a Valenciennes con delle amiche, per assistere alla prima gara delle azzurre al Mondiale di Francia contro l’Australia. Un modo per seguire la Nazionale nella prima importantissima partita di quel torneo e per sostenere, anche, le amiche che facevano parte di quella spedizione, come ad esempio Stefania Tarenzi o Yaya Galli. “Il miracolo di un Mondiale di contagia sempre e quella fu una sfida al cardiopalma, vinta all’ultimo secondo. Mi sono appassionata tantissimo e ho visto la stessa passione in tutta la gente che era lì. Noi avevamo queste casse bluetooth abbastanza potente, abbiamo messo la musica e la gente ha iniziato a ballare con noi. Da lì ho fatto avanti e indietro dall’Italia alla Francia ogni volta che c’era una partita e, se nelle prime tre partite del girone eravamo un gruppo ristretto, per gli ottavi e i quarti mi sono messa, insieme a mio fratello, a organizzare pullman e trasferta per tantissime persone. Sono state emozioni bellissime che hanno creato legami e rapporti saldi con persone che prima non conoscevo. Esperienze tanto forti da unirci moltissimo“.

Credit Photo: Hellas Verona Women

Cortocircuito calcio: Spadafora apre alla ripartenza, Gravina ferma tutto; il 28 maggio si decide

La situazione che si sta creando intorno al mondo del calcio è paradossale e caotica. Nel giro di quarantotto ore si sono susseguite dichiarazioni, poi smentite o ritrattate, da parte dei vertici. Il caos regna sovrano nonostante la curva del contagio sembra affievolirsi. Eppure non si riesce a trovare un punto d’incontro per decidere la ripartenza e la UEFA aspetta comunicazioni dall’Italia.

Andiamo con ordine; il primo a parlare della ripartenza è stato nuovamente il Ministro delle politiche sportive Vincenzo Spadafora. Nel corso di una trasmissione televisiva ha dichiarato “Se la curva del contagio continua a calare considero possibile la ripresa per il 13 giugno”. Dichiarazioni positive se non fosse che, qualche ora dopo, il presidente della FIGC Gravina ha firmato un provvedimento che impedisce ogni attività sportiva fino al 14 giugno.

A chiudere il cerchio sono arrivate altre parole da parte di Spadafora intervistato dal TG2” La ripresa del campionato di Serie A? Ho convocato poco fa una riunione per il 28 maggio alle 15 con il presidente Gravina e il presidente Dal Pino perché credo che giovedì saremo nelle condizioni di avere i dati dell’emergenza sanitaria in Italia per decidere insieme al Governo la data della ripresa del campionato”. L’esponente della maggioranza si difende poi dalle accuse di navigare in senso opposto rispetto agli organi calcistici.

Tutto risolto quindi? Il 28 maggio sarà davvero la data in cui si saprà se il campionato di Serie A ripartirà o meno? E che ne è stato della riunione che si sarebbe dovuta tenere tra il presidente Gravina e il Premier Conte? Manca chiarezza. L’unica questione che potrebbe essere certa è che, nelle prossime ore, si dovrebbe tenere il consiglio che decreterà la sospensione definitiva del campionato femminile ordinando il rompete le righe in anticipo.

Credit Photo: Elia Caprini

Sandy Iannella, Sassari Torres: “Non bisogna perdere i valori di una volta”

Sandy Iannella, simbolo e bandiera della Sassari Torres, ha espresso il suo giudizio riguardo la situazione in cui si trova il movimento calcistico femminile italiano ai nostri microfoni analizzando la sua stagione e la sua carriera con uno sguardo verso il futuro.

Il calcio femminile negli ultimi 2 anni sta sempre più prendendo piede in Italia e ciò ha mutato molti aspetti, sia per quanto riguarda dentro al campo sia fuori. Quali sono le maggiori differenze che hai notato rispetto al calcio femminile di 5/10 anni fa?
“Sicuramente le maggiori differenze riguardano la visibilità, l’organizzazione e la disponibilità di strutture messe a disposizione dalle società alle calciatrici e staff. Ad oggi, sicuramente grazie anche alla grande prova delle azzurre ai mondiale, c’è molta più attrazione verso il calcio femminile, così da catturare l’attenzione di testate giornalistiche importanti, canali televisivi di prima fascia e piattaforme come Sky, che indubbiamente hanno alzato il valore del calcio in rosa portandolo agli occhi di chi prima storceva un po’ il naso quando si parlava di donne che giocano a calcio.”

Con l’avvento delle società maschili professionistiche nel mondo del calcio femminile sono indubbiamente aumentate le possibilità per le ragazzine di sognare concretamente di diventare una calciatrice a tutti gli effetti, con strutture ed attrezzature adatte. Questo processo di crescita differente potrebbe portare ad un innalzamento del livello tecnico tattico del movimento italiano in generale?
“Il livello del movimento italiano deve crescere perché il gap con le altre nazioni è ancora troppo ampio. Da quando le squadre maschili hanno investito con il femminile il livello si è alzato sicuramente; le bambine che iniziano a giocare adesso sono molto fortunate e possono dedicarsi al calcio liberamente e senza doversi preoccupare di niente, solo di seguire I proprio sogni. Però una cosa va detta: non bisogna perdere i valori di una volta, quelli del vecchio calcio, dove la passione, il sacrificio e la costanza facevano da padrona. Perché adesso magari è più facile perdere l’obbiettivo con l’arrivo di sponsor e social media magari questa grande visibilità può giocare un brutto scherzo, per cui le ragazze di ora devono stare ancor di più con i piedi ben saldati in terra e lavorare sodo.”

La gran parte della tua carriera l’hai passata nella bellissima terra sassarese, alla Torres, diventando per tutti la beniamina della squadra sarda e venendo “adottata” da Sassari; la squadra dei 4 scudetti consecutivi ancora oggi è una delle più forti che il calcio femminile italiano abbia mai avuto. Quali sono le emozioni e i valori che ti ha trasmesso la tua esperienza in rosso blu?
“Come dico spesso le emozioni che ho provato indossando la maglia della Torres sono molteplici e sono anche difficili da spiegare a parole. La mia, come per la maggior parte delle mie compagne di quel tempo e per chi ha indossato i colori rosso blu , era diventata una fede. Ancora oggi, quando penso a quegli anni , rivedendo foto o video, i miei occhi brillano e si riempiono di grande commozione. La Torres è la mia seconda famiglia, la Sardegna è stata la mia casa per tanti anni e lo sarà sempre.”

Stesse emozioni e stessi valori che hanno fatto si che tu tornassi alla Torres nel febbraio dell’anno corrente, superando un ritiro e la parentesi beach soccer, dando un contributo consistente alla squadra. Cosa ti ha convinto maggiormente del progetto del presidente Budroni?
“Il progetto di Budroni mi aveva già convinto nel 2016, quando lui si era preso sulle spalle la società portandola di nuovo a vivere. Quell’anno avevo accettato , e avremmo dovuto giocare in serie B ma ci è stato negato. Gli anni sono passati, io ho fatto altre scelte, ma con il presidente è nata un’amicizia e siamo rimasti sempre in contatto. Quando quest’anno mi ha proposto di dargli una mano e di giocare di nuovo per quella maglia e per il mister Arca abbiamo cercato di trovare un giusto compromesso per far sì che potessi finire il campionato con loro. Ovviamente la mia vita era cambiata rispetto a prima con delle priorità diverse, come la famiglia, il lavoro e l’università. Ma siamo riusciti a trovare una formula che mi potesse permettere di fare tutto. Il beach soccer c’era prima e ci sarà anche dopo, vorrei praticarlo fino a quando riuscirò a permettermelo.”

In campionato eravate al secondo posto a soli 4 punti dal Pontedera capolista con ancora 8 giornate da disputare. Quali sono le tue considerazioni rispetto a questa stagione?
“Una stagione da quasi sempre prime in classifica, solo nell’ultimo mese, prima dello stop forzato, ci siamo trovate seconde a 4 punti dal Pontedera per aver sbagliato un paio di gare. Visto che l’obiettivo della società era ed è quello di vincere il campionato. Se mai ci dovessimo trovare nelle condizioni di non fare il salto il serie B, a quel punto sarà stato un anno amaro, con un sacco di energie sia economiche che mentali sprecate. Anche se poi sicuramente andrà messo sulla bilancia tutto quello che di buono è stato fatto, per ricominciare.”

Nella tua permanenza al Sassuolo, hai subito un grave infortunio con la necessità della ricostruzione del legamento crociato anteriore che ti ha costretta a restare lontano dai campi per ben 6 mesi. Sei sempre stata una giocatrice rabbiosa e con una cattiveria agonistica senza eguali, ma dove hai trovato la forza per rialzarti da questa brusca caduta?
“Ho pensato molte volte a come avrei reagito se avessi subito un grande infortunio, molte volte mi sono anche detta che non sarei mai riuscita ad affrontare una cosa così dura e lunga. Quando invece il 24 ottobre del 2017 mi sono trovata proprio in quella situazione sono cambiati i miei pensieri. Subito poco dopo avevo una grande voglia di tornare, di dimostrare che anche a 30 anni sarei tornata più forte di prima. Così è stato. Sicuramente quell’infortunio mi ha cambiata, mentalmente mi ha resa più forte. Ho passato 5 mesi e 20 giorni durissimi, quando ho ripreso ad allenarmi non c’era giorno che non piangessi sia durante l’allenamento che dopo. Ma sono stata più forte,  ce l’ho fatta e l’anno dopo mi sono tolta altre soddisfazioni, diventando capitano e scendendo in campo con molta più consapevolezza. Non è bastato per arrivare al mondiale per cui non ho chiuso in bellezza. Ma non ho rimpianti e sono molto orgogliosa di ciò che ho fatto nella mia carriera e del mio percorso.”

Concludendo, quando appenderai definitivamente le scarpette al chiodo, ti piacerebbe restare nel mondo del calcio? Ti vedi meglio in panchina come allenatrice o dietro la scrivania come dirigente?
“Le mie scarpette sono già un po’ da parte, le posso rispolverare solo per occasioni speciali. Per quanto riguarda il resto, sto cercando di trovare il ruolo che più mi appartiene. Ho varie proposte: mi piacerebbe molto rimanere nel calcio come dirigente o responsabile di qualche settore femminile. Per quanto riguarda fare l’allenatrice, mi piacerebbe solo in parte. La figura dell’allenatore è molto articolata, a quel punto preferirei fare un secondo allenatore.”

La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Sandy Iannella per la sua disponibilità.

Credit Photo: Alessandro Sanna

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